La chiusura del confine tra il Senegal e la Guinea Conakry, decisa dal presidente guineano Alpha Condé a settembre dello scorso anno, sta creando problemi economici e logistici a entrambi i Paesi, problemi che durante il mese del Ramadan si stanno acuendo drammaticamente. Tutto quello che i contadini producevano e mettevano in vendita al mercato di Diaobé, facendo affidamento su acquirenti guineani che andavano a rifornirsi lì, adesso devono prendere altre strade. Lo stesso dicasi per l’olio di palma, il peperoncino e gli altri prodotti che arrivavano dalla Guinea.
Le difficoltà insorte con la pandemia sono state amplificate dalla chiusura dei confini. Oggi Diaobé è un mercato fantasma, come segnalano anche le organizzazioni sindacali. “Dovremmo andare oltre le questioni politiche” ha detto Assane Ba, segretario generale del sindacato di Diaobé, alla testata Dakaractu. “Vogliamo che la Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale intervenga e imponga la riapertura. È molto importante, soprattutto per l’economia informale”. Economia informale che, piaccia o meno, permette di viere a buona parte della popolazione.
Oggi l’intera regione è colpita da questa crisi di confine. Molte famiglie che tiravano avanti grazie al commercio e agli scambi con la Guinea sono rimaste senza risorse.
Alla frontiera di Kalifourou, che segna il passaggio tra i due Paesi, centinaia di camion senegalesi e guineani sono parcheggiati su entrambi i lati della strada, in attesa che qualcosa si sblocchi. Gli ortaggi freschi sono marciti da tempo. Molti giovani che erano attivi nello scambio di valuta tra franco cfa e franco guineano hanno perso il lavoro.
Secondo Aldiouma Boiro, sindaco del comune di confine Linkéring, nel dipartimento di Velingara, “questa situazione ha finito per scuotere l’intera economia alla frontiera. Dallo scorso anno tutte le attività hanno subito un rallentamento perché il traffico tra Senegal e Guinea Conakry si è interrotto. Inoltre, questo costituisce un enorme deficit per il nostro comune perché le auto non pagano più le tariffe di parcheggio”.
In compenso sono salite le somme intascate dai passeur per fare attraversare la frontiera a chi non si rassegna al blocco. La chiusura infatti non è totale. Dal Senegal alla Guinea il viaggio è ancora possibile, ma a costi e rischi elevati. Bisogna attraversare la boscaglia pagando in media 15mila franchi cfa, circa 23 euro. Non c’è più nessuna convenienza. I negozi a Kalifourou sono chiusi. I ristoranti non hanno clienti. Ci sono persone che non sono più riuscite a tornare a casa. E ci sono anche problemi igienici e di salute. La paranoia di Condé sta facendo più danni del coronavirus, dice la gente.
Condé, il 27 settembre 2020, prima delle elezioni presidenziali che hanno portato alla sua rielezione, ha deciso di chiudere le frontiere per “ragioni di sicurezza”. Pochi giorni dopo, il primo ottobre, di fronte a una delegazione congiunta dell’Ecowas, dell’Unione africana e delle Nazioni Unite ricevuta nel palazzo presidenziale di Sekhoutouréya, ha accusato il presidente della Guinea Bissau, Umaro Sissoko Embalo, e il vicepresidente della Sierra Leone, Mohamed Juldeh Jalloh, di manovrare per portare in Guinea popolazioni reclutate su base comunitaria per interferire con il voto. Ha quindi criticato il Senegal di Macky Sall per non aver dato seguito alla sua proposta di organizzare pattugliamenti misti tra i loro due paesi, per prevenire “infiltrazioni malintenzionate”.
Da allora i confini con Guinea Bissau, Sierra Leone e Senegal sono stati chiusi unilateralmente. Una situazione incomprensibile per commercianti e vettori di entrambe le parti, duramente colpiti.
Mansour Faye, il ministro senegalese del Trasporto terrestre, ha promesso che il governo interverrà a sostegno di questa economia agonizzante. La soluzione vera però sarebbe un ripensamento da parte di Condé. È realistico aspettarselo? Qualche giorno fa era sembrato che sì, qualcosa sarebbe potuta cambiare. Tra gli auguri inviati al presidente Macky Sall, in occasione dei 61 anni di indipendenza del Senegal, c’erano stati infatti anche quelli del suo omologo guineano. “La commemorazione del 61° anniversario dell’adesione del vostro Paese alla sovranità nazionale mi offre l’opportunità di inviarle le sincere e calorose congratulazioni del popolo della Guinea e del suo governo”, aveva scritto Condé.
“In questa felice occasione, vorrei rassicurarvi della mia ferma determinazione a collaborare con voi per il rafforzamento e la diversificazione dei nostri legami di amicizia e fraternità che uniscono così felicemente i nostri due Paesi. Rinnovando l’augurio di un felice anniversario, le chiedo di accettare, l’espressione della mia più alta e fraterna considerazione”. Ma da allora non è cambiato nulla.
(Stefania Ragusa)