A dieci giorni dall’inizio dell’offensiva militare dell’esercito senegalese contro la ribellione del Movimento delle forze democratiche di Casamance, fazione di Salif Sadio, è giunto solo ora un primo bilancio proveniente dalle forze armate e citato dall’agenzia Aps. La direzione della comunicazione (Dirpa) cita otto basi ribelli smantellate, un non meglio precisato numero di ribelli uccisi e altri in fuga, un morto e otto feriti tra i soldati regolari.
Fino a ieri l’unico bilancio certo era quello dei circa 6.000 civili in fuga dai combattimenti in atto nella parte settentrionale della provincia. Combattimenti che, secondo fonti informate di InfoAfrica, hanno avuto accesi picchi di artiglieria pesante e bombardamenti, i cui contraccolpi si sono fatti sentire direttamente anche oltre confine, in Gambia.
Sebbene sia tradizione, sia per i militari che per l’Mfdc, non comunicare i numeri delle proprie vittime, l’opinione pubblica inizia a pensare che l’operazione ‘pulizia’ sia probabilmente più difficile del previsto. La fazione del Mfdc di Sadio, ben preparata alla guerriglia e ottima conoscitrice della zona, sembra abbia dato filo da torcere ai militari. Nessun messaggio finora né dal loro storico capo. La fornita stampa senegalese fa faticato finora a riferire notizie dall’area, mentre siti filo ribellione sostengono di aver inflitto perdite molto pesanti ai soldati con agguati letali e attacchi a sorpresa.
L’esercito nazionale annuncia il proseguimento “ad ogni costo” delle operazioni di sicurezza con “la stessa determinazione”, seguendo la loro missione sovrana di “preservare l’integrità del territorio nazionale”.
L’operazione è scattata probabilmente come rappresaglia dopo che soldati senegalesi dell’Africa occidentale in Gambia (Ecomig), finiti in una zona off limits, sono stati uccisi e catturati a fine gennaio dai ribelli di Sadio nella zona di confine con il Gambia. Un episodio vissuto come un vero affronto da parte delle autorità militari senegalesi. A circa quarant’anni dall’inizio di questa ribellione, ancora una volta si sceglie l’opzione militare per tentare di soffocarla, lasciando aperti interrogativi su quello che sarà il futuro.
Il conflitto in Casamance si trascina dal 1982 tra il governo di Dakar e l’Mfdc, che rivendica storicamente l’indipendenza di quella regione, separata dal resto del Paese dal vicino Gambia, e si dichiara trascurata dall’esecutivo centrale. Anni dopo la ribellione sopravvive divisa, principalmente tra una fazione meridionale, quella di Cesar Atout Badiat e una fazione settentrionale, quella di Sadio, e non gode più dell’iniziale sostegno popolare nella regione. I senegalesi originari di Casamance vivono ormai in ogni parte del Senegal, molti a Dakar, e non si sentono più tanto coinvolti dalle rivendicazioni iniziali.
Nei giorni scorsi, la Comunità di Sant’Egidio, impegnata da anni in un lavoro di mediazione per la pace tra il governo del Senegal e l’Mfdc, ha espresso la sua profonda preoccupazione per la contrapposizione armata attualmente in corso nel nord della Casamance. Sant’Egidio chiede la fine dell’offensiva “perché sia possibile salvaguardare la stabilità dell’area coinvolta e mantenere aperta la via del dialogo. La Comunità ribadisce inoltre la sua piena disponibilità a proseguire il processo negoziale, convinta che solo attraverso una ragionevole trattativa sarà possibile una pace definitiva”.