La pandemia globale ha provocato un crollo del turismo internazionale. Per cercare di risollevare l’economia, due nazioni africane tra le più colpite dalla crisi, Mauritius e Seychelles, aprono le loro porte ai telelavoristi stranieri, in fuga dal covid e dall’inverno
Davanti al computer con webcam e cuffie. Ma senza la mascherina. E soprattutto… a due passi da spiagge tropicali e mari da favola. Se proprio dobbiamo abituarci al telelavoro, in tempi di pandemia, è bene optare per uno smart working che sia davvero “smart”. Le occasioni non mancano. Due piccole nazioni insulari dell’Africa orientale, Mauritius e Seychelles, stanno promuovendo uno speciale visto d’ingresso valido un anno riservato ai cosiddetti “nomadi digitali”. Obiettivo: attrarre schiere di telelavoratori stranieri con l’auspicio di risollevare un poco l’economia locale, pesantemente colpita dal crollo del turismo.
Entrambi i Paesi devono fare i conti con hotel chiusi, ristoranti e bar vuoti, tassisti e guide turistiche senza clienti. E gli analisti prevedono una ripresa degli arrivi graduale e con tempi molto lunghi. In attesa di tornare alla normalità si affronta come si può l’emergenza. Benché su queste isole i numeri dei contagi da coronavirus siano estremamente limitati (i più bassi del continente), le conseguenze dei lockdown e dei divieti a livello globale sono state nefaste. Da qui la decisione di aprire le porte e stendere tappeti rossi ai lavoratori che in questi mesi hanno trasformato la propria casa in ufficio.
Non si tratta quindi di richiedere un visto di lavoro per trovare occupazione nel Paese di destinazione. La speciale domanda d’ingresso può essere presentata solo da dipendenti o datori di lavoro o freelance con una collaborazione già attiva. E chi è ancora in cerca di un’occasione lavorativa, prima di inoltrare domanda per il visto (Seychelles – Mauritius) può provare a candidarsi a una delle numerose inserzioni pubblicate ogni giorno sul sito workingnomads.co/jobs che, come è facile intuire, segnala esclusivamente opportunità di lavori a distanza per “nomadi digitali”. Ottenuto l’ingaggio, il telelavorista potrà decidere di lavorare in remoto da casa propria o in altra parte nel mondo, nel luogo che più lo ispira. Non solo in Africa. Iniziative analoghe sono state avviate da tempo, e con successo, nei paradisi caraibici di Barbados e Bermuda. Migliaia di persone – in gran parte statunitensi, ma anche canadesi, britannici e asiatici – hanno lasciato i loro appartamenti per trasferirsi in residenze luminose a due passi dalle spiagge. Lavorano con i piedi nella sabbia e durante le riunioni via Zoom o Skype non hanno da mostrare alle spalle librerie o poster tropicali, ma finestre affacciate su veri angoli di paradiso.
(Marco Trovato)