Ahmed Mohamed Islam detto “Madobe” è stato rieletto a un terzo mandato come presidente della regione semiautonoma dell’Jubaland nella Somalia meridionale. Il politico ha ottenendo il 56% dei consensi alle elezioni presidenziali locali che si sono svolte ieri.
E’ quanto riportato da africanews, secondo cui Madobe ha sconfitto la concorrenza del suo principale rivale, Anab Mohamed Darir imponendosi al primo turno.
Madobe ha già prestato giuramento nonostante il governo somalo abbia dichiarato che non avrebbe riconosciuto l’esito del voto dopo aver già annunciato la scorsa settimana di non riconoscere il nuovo parlamento regionale che lo ha eletto affermando che il processo di selezione dei candidati ha violato la costituzione nazionale. Va ricordato, infatti che le elezioni somale, fino alla promulgazione di una nuova legge elettorale (che è ancora in preparazione), non prevedono il suffragio universale ma il protagonismo dei leader tradizionali, cioè gli anziani dei clan che formano la popolazione somala. Attraverso un intricato sistema vengono nominati i parlamentari regionali che a loro volta nominano il presidente.
La vigilia del voto è stata caratterizzata da tensioni dopo che, in vista del voto, le autorità regionali hanno ordinato la chiusura temporanea delle frontiere aeree, terrestri e marittime e dell’aeroporto del capoluogo Kismayo, come ricordato da Agenzia Nova. Nei giorni scorsi, inoltre, le autorità aeroportuali di Kismayo avevano negato l’atterraggio di un aereo etiope che trasportava militari, che alla fine sono stati fatti atterrare nella vicina città di Baidoa. Le tensioni sono sorte dal momento che le Nazioni Unite e il governo federale somalo, sostenuti dall’Etiopia, chiedevano il rinvio delle elezioni, mentre le autorità regionali, sostenute dal Kenya, spingevano per la conferma dello scrutinio.
Un personaggio assai controverso. Madobe è stato tra i fondatori del gruppo terroristico al Shabaab, legato ad al Qaeda, da cui si è allontanato dieci anni fa. Ma è anche il miglior alleato del Kenya, proprio nella lotta al terrorismo.
Madobe è al potere nel Jubaland dal 2012, quando la sua milizia di Ras Kamboni strappò il controllo di Kismayo ai jihadisti di al Shabaab grazie anche il sostegno dell’esercito keniano. Tuttavia il governo di Mogadiscio non vede di buon occhio Madobe, ma anzi lo considera un ostacolo nel suo tentativo di affermare la propria autorità sulla regione. La decisione di disporre la chiusura delle frontiere e dell’aeroporto sarebbe stata dunque presa da Madobe nel timore che il governo possa usare le truppe etiopi per fermare il voto.
La posta in gioco in Jubaland a livello nazionale e internazionale è alta. Con buone piogge stagionali, lussureggianti terre coltivate e il redditizio porto di Kismayo, Jubaland è una delle regioni più ricche e stabili della Somalia. Oltre a fornire una zona cuscinetto amichevole per il Kenya, il suo litorale delinea una zona marittima fortemente contestata rivendicata dalla Somalia e dal Kenya con potenziali giacimenti di petrolio e gas ed è qui che si starebbe giocando la vera partita.