di Simona Salvi
Emirati Arabi Uniti ed Egitto stanno reclutando e addestrando in segreto forze somale. È quanto riporta il Middle East Eye, secondo cui quasi 3.000 giovani somali sono già stati addestrati in Somalia e in Egitto, con il sostegno finanziario degli Emirati.
Le giovani reclute, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, vengono allettate dalla prospettiva di un lavoro ben retribuito. “Gli è stato promesso uno stipendio di circa 500 dollari al mese”, ha raccontato al quotidiano il fratello di una recluta trasferita in un campo a Mogadiscio prima di raggiungere l’Egitto. Un altro giovane, che è scappato dal campo di Mogadiscio, ha raccontato che le condizioni era talmente pessime, per mancanza di cibo e cure mediche, che cinque reclute sono morte a metà ottobre. “Quasi 120 di noi sono stati reclutati a Baidoa attorno a metà settembre e ci era stato detto che saremmo stati portati in Egitto per l’addestramento – ha raccontato il giovane – ho deciso di aderire perché mi era stato prospettato un guadagno. Eravamo circa 2.000 reclute al campo”. Stando al suo racconto, una volta arrivate a Mogadiscio le reclute erano state informate da “un alto funzionario della sicurezza somalo” che gli Emirati stavano rilanciando le loro attività per la sicurezza in Somalia e che presto sarebbero stati trasferiti in Egitto per l’addestramento.
Alti funzionari del governo somalo a conoscenza della questione hanno spiegato al quotidiano che alcune persone svolgono in segreto le operazioni di reclutamento presso l’ufficio del presidente, in collaborazione con personale di sicurezza di Emirati ed Egitto. “Ho reclutato più di 50 di loro dal mio clan e sono stati portati nella capitale per completare il processo”, ha confermato un leader politico somalo, aggiungendo che “molti dei clan non sono coinvolti e capisco che si tratta di un progetto congiunto in cui gli Emirati finanziano interamente il processo mentre l’Egitto svolge l’esercitazione”.
Diverse fonti, da funzionari della sicurezza, attuali ed ex leader regionali, insieme ad altri esperti, hanno tutte confermato il reclutamento che coinvolge Emirati ed Egitto. Un alto funzionario della sicurezza somalo, coinvolto nel processo, ha raccontato che le esercitazioni sono già state svolte sia in Egitto che in Somalia, in particolare nella città portuale di Bosaso, dove gli Emirati hanno una struttura di addestramento già usata in passato per formare i marine del Puntland. Le persone coinvolte nel processo sono state invitate a non condividere le informazioni con nessuno: contattate dal Middle East Eye, le autorità di Abu Dhabi e del Cairo non hanno commentato.
Il quotidiano ricorda come la Somalia non sia nuova a campagne di reclutamento tenute riservate, citando il caso avvenuto sotto l’ex presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo che mandò giovani somali in Eritrea. Ma questa iniziativa venne criticata con forza da molti, tra cui l’attuale presidente, Hassan Sheikh Mohamud, stretto alleato di Emirati ed Egitto.
Consentendo ora ad Emirati ed Egitto di reclutare ed addestrare giovani somali, è l’accusa che viene rivolta ora al capo dello Stato, si compromettono i rapporti con la vicina Etiopia. “L’acqua del Nilo è una potenziale crisi nella regione del Corno d’Africa e qualsiasi addestramento delle forze somale che coinvolga l’Egitto metterà la Somalia in mezzo alla crisi, dal momento che le forze etiopiche controllano gran parte del nostro Paese”, ha detto il parlamentare ed ex capo di stato maggiore dell’intelligence del Paese, Abdullahi Kulane. “Avere stretti legami con il Cairo e perdere l’Etiopia non ha alcun valore per noi – ha aggiunto – capiamo anche che il mondo musulmano è in qualche modo diviso e se la Somalia è percepita come schierata, allora avrà un impatto inutile sul nostro Paese”.
Posizione condivisa da un alto funzionario per la sicurezza: “Purtroppo, il coinvolgimento degli Emirati arabi uniti e dell’Egitto nel nostro sistema di sicurezza non è nel migliore interesse del nostro Paese dal momento che il loro obiettivo è quello di avere un’influenza importante all’interno dell’architettura di sicurezza della Somalia in caso di cambio di regime. Inoltre, la mano del Cairo nel processo farebbe infuriare Addis Abeba di sicuro poiché c’è una spaccatura diplomatica tra le due potenze rivali del Nilo”.
Secondo Abdiwahab Sheikh Abdisamad, ricercatore presso l’Institute for Horn of Africa Strategic Studies, l’iniziativa mirerebbe a contrastare la crescente influenza della Turchia e del Qatar in Somalia, stretti alleati del precedente presidente. Inoltre, gli Emirati potrebbero utilizzare le reclute appena addestrate per tutelare i propri interessi, in particolare i porti gestiti dal gruppo Dp World a Berbera e Bosaso. Tuttavia, ha concluso Abdisamad, qualsiasi accordo di sicurezza in Somalia che veda coinvolto Il Cairo rischia di creare tensioni: “Non vedo alcuna idea nobile del coinvolgimento dell’Egitto nella struttura di sicurezza di Mogadiscio, dal momento che il duo Egitto ed Etiopia non è d’accordo sull’acqua del Nilo e potrebbe creare tensione nella regione”.