Somalia | Guerra e locuste, Paese in ginocchio

di Enrico Casale

Scontri tra le truppe dell’esercito federale somalo e le milizie del Jubaland, la regione semi-autonoma nella regione meridionale della Somalia, sono scoppiati all’inizio della settimana. I combattimenti hanno incendiato l’area di confine con il Kenya e hanno causato il panico su entrambi i lati del confine, mettendo a dura prova le relazioni tra Nairobi e Mogadiscio. Non si conoscono né il numero delle vittime né i danni causati.

Questi combattimenti creano ulteriore instabilità in un Paese che da quasi trent’anni non conosce la pace e che deve far fronte alla minaccia del gruppo jihadista al-Shabaab (legato ad al-Qaeda e molto attivo nelle regioni centrali e meridionali) e alle tensioni nel Nord tra il Somaliland, Stato indipendente anche se non riconosciuto a livello internazionale, e il Puntland, regione semi-autonoma (scontri al momento sopiti).

Da settimane, l’esercito federale stava ammassando le sue truppe nel Balad Hawo, regione formalmente sotto il controllo di Jubaland. La scorsa settimana al Consiglio di sicurezza, anche gli Stati Uniti hanno ritenuto «inaccettabile» la presenza delle truppe del presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo in questa regione.

Ufficialmente, Mogadiscio ha dichiarato di voler proteggere il suo confine con il Kenya. Ma molti sospettano che il governo centrale abbia voluto catturare l’ex ministro della Sicurezza di Jubaland, Abdirashid Janan, arrestato a ottobre e portato a Mogadiscio e fuggito dalla prigione a gennaio.

Il politico avrebbe trovato rifugio nella città di confine keniana di Mandera, a poche centinaia di metri dal luogo in cui la violenza è scoppiata, e sarebbe protetto proprio dalle truppe di Nairobi che da tempo sostengono il Jubaland contro al-Shabab. Un’alleanza, quella Jubaland-Kenya, che Mogadiscio non vede di buon occhio.

Questa diffidenza di Mogadiscio si alimenta anche da una annosa disputa sulle frontiere marittime (le acque al largo di Somalia e Kenya sono ricchissime di petrolio).

In una dichiarazione, rilasciata ieri mattina, le Nazioni Unite hanno dichiarato che 56.000 persone sono state sfollate in Somalia a causa delle tensioni nella regione. L’Onu invita le parti a ridurre al minimo i danni a civili, scuole, case e centri sanitari.

Di questa situazione si può avvantaggiare al-Shabaab. La milizia jihadista legata ad al-Qaeda, sebbene abbia perso il controllo delle coste, è ancora molto forte nelle regioni meridionali. Nonostante il duro confronto con le forze locali e con quelle internazionali, nel tempo ha mantenuto una grande capacità operativa che permette ai suoi uomini di organizzare attentati sanguinosi fin nelle aree centrali e strategiche di Mogadiscio, la capitale.

Proprio questa presenza, rende difficile contrastare un’altra minaccia: le locuste. Da settimane, la Somalia, come tutti i Paesi del Corno d’Africa e della Penisola araba meridionale, deve far fronte a una massiccia invasione di sciami di quest terribili e voracissimi insetti. La Somalia è stata la prima nazione della regione a dichiarare lo stato d’emergenza. Ma le parole non bastano, di fronte a questa minaccia servono interventi diretti. La dei terroristi islamici di al-Shabaab nell’area meridionale e quella i Isis nelle regioni settentrionali rendono ancora difficile la programmazione di interventi antiparassitari.

Tutto ciò sta causando una grandissima emergenza alimentare. Secondo stime della Fao, uno sciame di locuste potrebbe consumare in un solo giorno la stessa quantità di cibo della metà della popolazione della Francia. La Fao ha chiesto di recente al mondo 70 milioni di dollari di aiuti per combattere con pesticidi l’invasione degli insetti in Etiopia, Somalia e Kenya, perché «la velocità della diffusione delle locuste e la dimensione delle infestazioni sono talmente elevate che hanno portato al limite le capacità delle autorità locali e nazionali».

Condividi

Altre letture correlate: