Il governo del Kenya ha reso noto ieri di aver respinto la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia (Icj) delle Nazioni Unite, in vista della sentenza attesa per la prossima settimana, il 12 ottobre, sulla sua lunga disputa sul confine marittimo con la Somalia.
A comunicarlo è stato il ministero degli Affari esteri del Kenya in un tweet in cui si legge che “oltre a ritirare la sua partecipazione al caso in corso, il Kenya si è anche unito a molti altri membri delle Nazioni Unite nel ritirare il riconoscimento della giurisdizione obbligatoria della corte”.
I due Paesi confinanti dell’Africa orientale si contendono 30.000 miglia nautiche quadrate di territorio nell’Oceano Indiano. Un’area che è ricca di petrolio, gas e di pesce.
La disputa deriva da interpretazioni contrastanti su come i confini dovrebbero estendersi nell’Oceano Indiano. Mentre la Somalia sostiene che il suo confine meridionale dovrebbe correre a sud-est come un’estensione del confine terrestre, il Kenya sostiene che il confine della Somalia dovrebbe fare una svolta di circa 45° lungo la costa e correre lungo una linea latitudinale.
Già a marzo il Kenya aveva annunciato di voler boicottare le udienze dell’Icj, dopo che il tribunale con sede all’Aia si era rifiutato di consentire ulteriori ritardi.
“La pronuncia della sentenza sarà il culmine di un processo giudiziario viziato con cui il Kenya ha avuto riserve e da cui si è ritirato”, ha affermato il ministero degli Esteri, accusando la corte di “pregiudizi evidenti e intrinseci” nella risoluzione della controversia.
“Come nazione sovrana, il Kenya non sarà più soggetto a una corte o tribunale internazionale senza il suo espresso consenso”, cnclude il tweet pubblicato oggi dal ministero degli Affari esteri di Nairobi.