Attività di pesca illegale, non regolamentata né registrata sono abituali nelle acque al largo della Somalia, che contengono alcune delle zone di pesca più ricche del mondo. A quest’attività illecita si dedica un rapporto appena reso noto e realizzato per il conto della rete Global Initiative against transnatinal organized crime (l’Initiativa globale contro il crimine trasnazionale organizzato) da Jay Bahadur ricercatore e investigatore indipendente basato Nairobi, specialista in questioni che riguardano i militanti islamisti, al-Shabaab e lo Stato Islamico, reti di contrabbando di armi marittime, pirateria e petrolio e settore del gas.
“A livello nazionale, la prevalenza di pescherecci Iuu (acronimo dell’espressione inglese illegal, unreported e unregulated) stranieri è stata spesso citata come giustificazione per atti di pirateria da parte di bande con sede in Somalia”, sottolinea il rapporto “Fishy business”, precisando che i pirati somali hanno strumentalizzato questa percezione, proponendosi come difensori delle acque somale contro gli sfruttatori stranieri. Tra questi, l’autore cita navi originarie dall’Iran, dallo Yemen e dal sud-est asiatico.
Il rapporto esamina tre casi in particolare: quello di centinaia di pescherecci iraniani attivi nelle acque del Puntland con disastrosi impatti ambientali; il caso del peschereccio Marwan 1 facente parte di una flottiglia tailandese, coinvolto in una rete di trafficanti con rami in Oman e in Kenya e il ricorso a lavoro forzato e abusi dei diritti umani a bordo; infine, il caso della compagnia somala Nefco (North East Fishing Company), con sede nel Puntland, che gode da tempo di un servizio preferenziale trattamento da parte di funzionari del governo locale. Secondo il rapporto, a partire dalla fine del 2019, la società è stata in grado di impegnarsi direttamente con alti funzionari all’interno del ministero federale della pesca, incluso il ministro stesso, per emettere ripetutamente documentazione irregolare per facilitare le esportazioni di prodotti ittici della società in Cina. I funzionari della società Nefco e i funzionari del ministero della pesca, compreso il ministro, alla fine hanno perseguito un’iniziativa privata per vendere i diritti di pesca somali attraverso un’entità che avevano stabilito congiuntamente.
Corruzione, complicità di attori governativi o para-governativi, che a pagamento forniscono licenze di pesca, registrazioni di bandiere, documenti di esportazione falsificati e persino distaccamenti di sicurezza armati a bordo, è all’ordine del giorno. “La pesca illecita in Somalia è in effetti un partenariato pubblico-privato nella criminalità transnazionale”, accusa il rapporto.
“Le acque al largo della Somalia sono e sono ancora in gran parte non sfruttate. Dopo il costante calo degli attacchi dei pirati somali dal 2012, le flotte pescherecce straniere sono gradualmente tornate nelle acque somale”, spiega Global Initiative, ricordando che la Somalia è nel mezzo del suo quarto decennio di guerra civile ed è regolarmente classificata come uno Stato fallito. Il Paese “si è balcanizzato in una serie di amministrazioni regionali semi-autonome sotto la supervisione di un governo federale situato nella capitale Mogadiscio”. Le istituzioni statali sono estremamente deboli e la corruzione è diffusa. Le licenze di pesca e altri permessi rilasciati da un’autorità locale somala spesso non sono riconosciuti da un’altra.
Nel tentativo di semplificare il rilascio delle licenze di pesca e garantire la gestione efficace delle risorse marine del paese, il governo federale della Somalia e le amministrazioni regionali hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla condivisione delle risorse per quanto riguarda il settore della pesca ad Addis Abeba nel marzo 2019. Eppure il continuo rilascio di “licenze” da parte di autorità illegittime, in particolare l’amministrazione del Puntland, ha gravemente compromesso l’attuazione dell’accordo. Con la limitata capacità del governo somalo di vigilare sull’integrità della sua zona economica esclusiva (Zee) o di rilasciare licenze di pesca credibili, “è probabile che la pesca irregolare rimanga un’opzione interessante per le flotte pescherecce straniere”.