Il Malawi ha approvato una legge che vieta di contrarre matrimonio prima dei 18 anni di età. Per il piccolo Paese, dove circa la metà delle ragazze si sposa minorenne, è una autentica rivoluzione sociale. Ciò permetterà alla giovani di avere maggiore autonomia e di crearsi una propria personalità autonoma attraverso lo studio.
«È fondamentale sostenere le donne e le donne non possono affermarsi se non sono istruite», ha detto dopo il voto la deputata Jessie Kabwila, sottolineando come spesso le ragazze che si sposano da minorenni abbandonino la scuola.
Quella dei «matrimoni precoci», cioè delle unioni (formalizzate o meno) tra minori di 18 anni, è una piaga che tocca milioni di giovanissimi nel mondo. Secondo i dati forniti dall’Unicef, l’agenzia delle Nazioni unite che si occupa di infanzia, nei Paesi in via di sviluppo (Cina esclusa) circa 70 milioni di ragazze – una su tre fra coloro che oggi hanno un’età compresa tra 20 e 24 anni – si sono sposate in età minorile. I tassi più elevati di diffusione dei matrimoni precoci si registrano nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana, non a caso le medesime regioni del globo in cui sono massimamente diffusi altri fenomeni, come la mortalità materna e infantile, la malnutrizione, l’analfabetismo ecc.
«Sposarsi in età precoce – spiegano gli esperti dell’Unicef – comporta una serie di conseguenze negative per la salute e lo sviluppo. Al matrimonio precoce segue quasi inevitabilmente l’abbandono scolastico e una gravidanza altrettanto precoce, e dunque pericolosa sia per la neo-mamma che per il suo bambino».
Le gravidanze precoci provocano ogni anno 70.000 morti fra le ragazze di età compresa tra 15 e 19 anni, e costituiscono una quota rilevante della mortalità materna complessiva. A sua volta, un bambino che nasce da una madre minorenne ha il 60% delle probabilità in più di morire in età neonatale, rispetto a un bambino che nasce da una donna di età superiore a 19 anni. E anche quando sopravvive, sono molto più alte le possibilità che debba soffrire di denutrizione e di ritardi cognitivi o fisici. Le «spose bambine» sono poi più soggette, rispetto alle adulte, a violenze, abusi e sfruttamento.
I matrimoni precoci sono un retaggio culturale legato a una bassa considerazione del ruolo della donna nella società e alla necessità dei gruppi sociali legati ad economie di sussistenza di «liberarsi» il prima possibile del peso rappresentato dalle figlie femmine, le meno produttive nell’ambito familiare.
L’Onu chiede quindi agli Stati di approvare normative ad hoc che vietino questo tipo di matrimonio. Ma ciò può non bastare ed è allora necessario un capillare lavoro di educazione delle ragazze e delle famiglie. Una strategia che, negli ultimi anni, ha dato buoni frutti. La percentuale di ragazze (20-24 anni) che si sono sposate in età minorile è del 35%, segno di un decremento del fenomeno rispetto alla generazione precedente (nella fascia di età 45-49 anni la quota di quelle sposate in età minorile è del 48%). Anche se nei 5 Paesi in cui questa pratica è maggiormente diffusa, la percentuale arriva ancora al 60%.