Storie di donne vittime di tratta: la testimonianza di Joy

di claudia

Di Ornella Ordituro – Centro studi AMIStaDeS

Nel cuore di Caserta, nel centro storico della città famosa per la Reggia, c’è un luogo di speranza e rinascita, dove giovani donne straniere hanno scelto di riconquistare la loro libertà dopo l’esperienza della tratta: un laboratorio in cui possono riappropriarsi della propria dignità attraverso il lavoro sartoriale. L’iniziativa nasce dal bisogno di restituire piena dignità a chi ha vissuto sulla propria pelle la schiavitù sessuale. La storia di Joy rappresenta l’intensa vicenda di una ragazza nigeriana che approdata in Italia, dopo un viaggio drammatico, con l’illusione di trovare un lavoro viene invece costretta a prostituirsi sulla strada. La giovane si salva grazie all’incontro con la comunità di accoglienza “Casa Rut” di Caserta. Nel corso degli anni, la sartoria sociale – NewHope – è divenuta una possibilità concreta di riscatto, oltre che espressione di impegno costante nella lotta contro la tratta.

La storia di Joy

Joy è una giovane nigeriana che, a Caserta, ha vissuto una seconda nascita. Con la sua storia – raccontata nel libro di Mariapia Bonanate, Edizioni San Paolo, con la prefazione di Papa Francesco – Joy rivela la sua drammatica esperienza di viaggio, con la presenza di altre testimoni, in ogni dettaglio. La traversata del deserto, i mesi trascorsi nei campi di detenzione libici, il tragitto in mare, le sue amiche Loweth, Glory, Esoghe, Sophia e Mary che hanno una storia simile alla sua e a quella di migliaia di ragazze nigeriane.

Quella di Joy è una storia – la sua a lieto fine – che accomuna tante altre donne, come lei rapite in una catena infernale, coinvolte nella tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Dopo il suo approdo in Italia, Joy ha scoperto di essere stata ingannata e di essere caduta nelle mani dei trafficanti di esseri umani, che, approfittando della disperazione, privano le vittime di informazioni ben definite fino al momento in cui il sopruso e la violenza della strada prendono il sopravvento.

Nel corso di questo racconto biografico, l’autrice accompagna il lettore a scoprire, pagina dopo pagina, quanto la testimonianza di Joy ci inchiodi dinanzi ai pregiudizi e alle responsabilità che ci rendono attori conniventi di questi avvenimenti. Il lettore viaggia al fianco di Joy nei suoi luoghi del dolore, dove sarà difficile restare indifferenti. Nel suo cammino verso la libertà, Joy racconta di quando ha dato inizio alla sua rinascita, ossia nel momento in cui è stata accolta dalla comunità “Casa Rut” di Caserta.

Joy, come le altre vittime degli abusi più efferati, continuano ad essere fonte inesauribile di supporto e di sostegno per le nuove ragazze accolte a Caserta. I loro ricordi si rivelano come risorse informative di fondamentale importanza al fine di salvare altri giovani che versano nelle medesime condizioni.

L’incubo della tratta

La tratta di esseri umani è un fenomeno in continua evoluzione e sempre più connesso ai movimenti delle persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate verso e all’interno dei confini dell’Unione Europea. Il confronto e lo scambio a livello europeo sono essenziali per la costruzione di misure comuni che, tenendo conto degli emergenti bisogni e profili delle potenziali vittime, siano rivolte alla loro assistenza e protezione e, al contempo, al contrasto del crimine. Recentemente è stato anche possibile far emergere casi di tratta legati ad altre realtà del territorio. A livello mondiale, secondo i dati riportati dall’ONU, per quanto riguarda le donne lo sfruttamento è soprattutto sessuale (nel 77% dei casi) e lavorativo (nel 14% dei casi).

La tratta delle donne nigeriane in Italia ha iniziato a ricevere particolare attenzione dal 2015, a seguito di un incremento registrato dall’Organizzazione Internazionale della Migrazione, che stima che in Italia l’80% delle donne provenienti dalla Nigeria siano vittime di traffico per sfruttamento sessuale. La maggior parte di queste arriva da Benin City, nello stato dell’Edo, dove le donne sono costrette a sottoporsi ad una stregoneria tradizionale chiamata juju. Questa pratica rende le vittime debitrici di somme di denaro che possono raggiungere gli 80.000 euro, che obbliga le donne a diventare schiave sessuali finché non lo salderanno. Il juju ha anche un forte potere psicologico che assicura che ciò avvenga; se non venisse rispettato il patto, uno spirito potrebbe infuriarsi all’interno del corpo delle vittime fino a farle morire oppure se loro stesse non morissero o decidessero di scappare, le loro famiglie correrebbero il rischio di venire uccise.

(Foto: AFP/SIR)

Il viaggio dalla Nigeria all’Italia è condotto da diversi trafficanti di corpi. La prima fermata è ad Agadez, in Niger. Nel percorso tra Benin City e Agadez le donne che non sono lasciate a morire nel deserto, vengono usate per corrompere la polizia e garantire un passaggio rapido. Una volta ad Agadez le vittime vengono portate nel mercato degli schiavi, dove arrivano a contarsi dai 20.000 ai 25.000 migranti ogni mese, per la maggiore provenienti dall’Africa occidentale e diretti in Europa. Le donne sopravvissute raccontano che qui venivano stuprate ripetutamente. Nei campi di concentramento in Libia il ruolo dei trafficanti è quello di far guadagnare alle donne, attraverso lo sfruttamento sessuale, il denaro per attraversare il Mediterraneo.

La risposta italiana

La stesura del Piano Nazionale anti-tratta attualmente in corso ad opera del Dipartimento per le Pari Opportunità, in collaborazione con tutti gli attori che si occupano del contrasto alla tratta, rappresenta una preziosa occasione per cercare di rispondere in modo ancora più incisivo ai bisogni delle vittime e alle forme di reclutamento e sfruttamento adottate dai trafficanti, anche alla luce della pandemia di COVID19 e delle sue conseguenze su questo fenomeno criminoso, in continuo mutamento che comporta la necessità di costruire azioni efficaci per la prevenzione del fenomeno: la protezione delle potenziali vittime, il perseguimento del crimine e l’attuazione di misure che, con il coinvolgimento di tutti gli attori operativi in materia, siano in grado di garantire la precoce identificazione delle vittime tenuto conto delle caratteristiche personali (genere, età, nazionalità delle persone) e delle diverse forme di sfruttamento. Infatti, l’identificazione costituisce la misura propedeutica a tutte le altre, in particolare a quelle volte all’inclusione sociale delle persone che fuoriescono dai circuiti dello sfruttamento – aspetto altrettanto importante nell’ambito dei percorsi di emancipazione e di accompagnamento all’autonomia realizzati dalle organizzazioni che si occupano dell’assistenza alle vittime di tratta.

L’esperienza italiana, nell’ottica di implementare la previsione di cui all’art. 11 par. 4 della Direttiva 2011/36/UE e predisporre adeguati meccanismi di rapida identificazione, ha sperimentato forme innovative di identificazione precoce, quali luoghi di accoglienza per garantire alle persone uno spazio di riflessione o modalità di intervento multi-agenzia per favorire l’emersione delle vittime di sfruttamento lavorativo. Altro tema centrale è quello delle forme di cooperazione tra e con le autorità giudiziarie e le forze dell’ordine per la costruzione di azioni di contrasto al fenomeno che si accompagnano ad un’effettiva tutela delle vittime. Infine, una questione di estrema attualità riguarda la creazione e l’attuazione di meccanismi di referral anche intra-europei, quali strumenti necessari per fornire assistenza a potenziali vittime che, anche al di fuori dai meccanismi previsti dal Regolamento Dublino III, sono coinvolte nei cosiddetti movimenti secondari all’interno dell’Unione Europea.

Il numero verde Antitratta 800 290 290 è attivo tutti i giorni della settimana, 24 ore su 24, su tutto il territorio nazionale. Il servizio è disponibile in più lingue tra le quali inglese, albanese, russo, francese, spagnolo, rumeno, ungherese, arabo, cinese, nigeriano.

NEWHOPE: Nel 1995, tre suore Orsoline del S. Cuore di Maria, arrivate a Caserta da Vicenza, hanno dato vita al centro di accoglienza “Casa Rut” per prendersi cura di donne, soprattutto migranti, sole o con figli piccoli in situazioni di sfruttamento e condizioni di precarietà sociale e umana. Nel maggio 2004, danno vita alla Cooperativa Sociale NewHope, una sartoria etnica, in cui le donne migranti possono riappropriarsi della propria dignità attraverso il lavoro; ponendo al centro il valore della persona nella molteplicità delle appartenenze etniche e religiose e considerando la donna migrante risorsa positiva per tutta la comunità, ponendosi quale agente di sviluppo e di rafforzamento dei suoi diritti. Attraverso il lavoro, NewHope tende a rimuovere le tante forme lesive della dignità, avviando processi di liberazione, formazione e integrazione. I prodotti creati sono in vendita a Caserta, via del Redentore 48/50 (Tel: +39 0823 377340).

Bibliografia e Sitografia:

– UN MIGRATION WORLD, MIGRATION REPORT 2022. (iom.int);

– United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), Global Report on Trafficking in Persons 2020.(unodc.org) ;

– Piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento 2022-2025, Piano di azione nazionale contro la tratta e lo sfruttamento (asgi.it)

– New Hope

https://shop.coop-newhope.it/lo-store-di-caserta

Condividi

Altre letture correlate: