Sud Sudan, Amnesty chiede la liberazione dei sei giornalisti fermati

di claudia

Amnesty International ha chiesto alle autorità del Sud Sudan di rilasciare sei dipendenti della South Sudan Broadcasting Corporation (Ssbc) detenuti o di incriminarli in tribunale. Cinque dei giornalisti: Joval Tombe, Joseph Oliver, Mustafa Osman, Cherbek Ruben e Jacob Benjamin, sono stati arrestati dal Servizio di sicurezza nazionale (Nss) presso la sede della Ssbc il 3 gennaio, mentre Victor Lado, caporedattore dell’emittente statale, è stato fermato nella capitale dello stato dell’Equatoria occidentale, Yambio, il giorno seguente. I sei sono stati arrestati in relazione a un video che è diventato virale sulle piattaforme social e mostra il presidente Salva Kiir Mayardit urinarsi addosso durante un evento pubblico a dicembre. Dal momento del loro arresto non si hanno più loro notizie.

Secondo l’appello di Amnesty i sei membri della Ssbc sono detenuti arbitrariamente presso la sede del Servizio di sicurezza nazionale (Nss), nota come Casa blu, senza poter vedere le loro famiglie e gli avvocati. Non è ancora chiaro se siano stati informati di eventuali accuse mosse contro di loro. “Amnesty International chiede alle autorità del Sud Sudan di rilasciare immediatamente i sei o di accusarli di un reato riconoscibile dal diritto internazionale”, si legge nella dichiarazione. Amnesty ha chiesto l’assicurazione “che i sei non siano sottoposti a tortura o altri maltrattamenti durante la detenzione” e ha esortato il governo a garantire che ai sei sia concesso regolare accesso alla loro famiglia e qualsiasi assistenza sanitaria di cui possano aver bisogno da parte di un medico e di un avvocato.

L’organismo per i diritti ha affermato di aver documentato numerose detenzioni arbitrarie da parte dell’Nss in diverse strutture in cui i detenuti sono spesso sottoposti a tortura e altri maltrattamenti e tenuti senza accesso a un avvocato o ai membri della famiglia. “L’ambiente politico del Sud Sudan è rimasto intollerante nei confronti delle critiche alle azioni e alle politiche del governo, portando a intimidazioni, molestie e detenzione di attivisti della società civile, difensori dei diritti umani e giornalisti indipendenti”, afferma la dichiarazione. “Ciò ha portato a un ambiente di autocensura per i media e gli operatori dei diritti umani in cui, con la pervasiva sorveglianza statale, le persone non si sentono più sicure di parlare liberamente e apertamente del conflitto e della situazione dei diritti umani”.

Secondo la dichiarazione, il governo del Sud Sudan, principalmente attraverso l’Nss, sorvegliale comunicazioni con apparecchiature acquistate in Israele e probabilmente con il supporto delle società di telecomunicazioni. “L’Nss conduce anche una sorveglianza fisica attraverso una rete diffusa e transfrontaliera di informatori e agenti, penetrando a tutti i livelli della società e della vita quotidiana, monitorando i media e i social media e richiedendo agli organizzatori di eventi di chiedere il permesso prima di tenere qualsiasi forma di raduno” ha concluso il comunicato. “L’Nss ha utilizzato queste forme di sorveglianza illegalmente, in violazione del diritto alla privacy, per arrestare arbitrariamente e detenere illegalmente individui e violare la libertà di stampa, la libertà di opinione e di espressione e la libertà di riunione”. 

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