Otto giorni fa, papa Francesco ha annunciato che l’anno prossimo vorrebbe visitare il Sud Sudan. Nell’annunciarlo non ha specificato alcuna data. Il Pontefice ha però invitato le parti in conflitto ad andare oltre le loro divisioni. Ad aprile, si è anche inginocchiato per baciare i piedi del presidente Salva Kiir e del leader ribelle Riek Machar, che erano andati insieme a Roma per un’udienza e per un corso di esercizi spirituali.
Kiir e Machar hanno però preso ancora tempo per nominare un governo di unità nazionale. L’arcivescovo anglicano Justin Badi Arama ha chiesto loro di assumersi le proprie responsabilità: «Tutti sono stanchi. I nostri leader devono mettere la sofferenza della loro gente davanti al loro interesse. Il problema è che non si fidano l’uno dell’altro, mancano di volontà politica. Ciò di cui abbiamo bisogno ora sono visite e riunioni frequenti e il rilascio di comunicati congiunti. Mostrerà la loro volontà di andare avanti e daranno fiducia alle persone».
Il primate della Chiesa episcopale del Sud Sudan attende con impazienza la futura visita papale, che Francesco farà assieme con il capo della comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. «È una benedizione per noi. A Roma, aveva annunciato che, se si fosse formato il governo, sarebbe venuto a benedire l’esecutivo e il popolo sud-sudanese. I nostri leader devono fare tutto il possibile. La visita del Santo Padre darà un impulso positivo. Se questo governo non si formerà, il Papa non verrà. Ha detto chiaramente che non ripeterà ciò che ha già detto».
Il futuro del Paese è di nuovo nelle mani di due uomini. Justin Badi Arama chiese loro di non dimenticare che sono i sud-sudanesi e Dio a dare loro loro i poteri.