Sud Sudan, l’Ocha lancia un appello

di Valentina Milani
crisi sud sudan

Nel dicembre del 2013 scoppiava la guerra in Sud Sudan. Oggi, esattamente quattro anni dopo, il costante stato di crisi del più giovane stato al mondo ha portato l’Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinameto degli affari umanitari) e la comunità umanitaria del Paese a lanciare un appello per ottenere 1,72 miliardi di dollari per assistere gli oltre 6milioni di persone colpite dal conflitto che, solo nell’ultima settimana, ha causato almeno 170 morti dichiarati.

Nato il 9 luglio 2011 da una scissione dal Sudan con il quale era in guerra da decenni, il Sud Sudan ha festeggiato i suoi due anni e mezzo di vita con l’inizio di un nuovo conflitto. Risale infatti al dicembre del 2013, a Juba, il primo scontro tra le truppe fedeli al presidente Kiir e l’ex vicepresidente Machar, destituito qualche mese prima dal capo di Stato con l’accusa di aver messo in atto un complotto contro di lui. Il primo è di etnia dinka, il secondo nuer: inizia la guerra civile. Dopo poco più di due anni, governativi e ribelli firmano la pace, ben presto calpestata da nuove ondate di violenza cominciate nel 2016 e in corso tutt’oggi.

Una guerra tra leader politici che fomenta l’odio tra le etnie per tutelare gli interessi economici dell’entourage al potere: il Sud Sudan è un forziere colmo di petrolio e in palio vi è l’egemonia nel Corno d’Africa. Dal 2013: 50.000 i morti dichiarati, quasi 4 milioni di sfollati, dei quali la metà si sono mossi all’interno dei confini nazionali, migliaia di donne violentate e milioni di persone che hanno fatto, e fanno, i conti con la fame. Oltre all’inflazione crescente, la nazione è infatti devastata dalla forte siccità che dal 2016 ha aggravato la crisi umanitaria: 100.000 sud sudanesi sono stati colpiti dalla carestia.

Sono questi i dati che hanno allarmato l’Ocha e che hanno portato Alain Noude’hou, il coordinatore umanitario per il Sud Sudan, a chiedere aiuto. Dicembre 2013 – dicembre 2017: nulla purtroppo è cambiato e non c’è proprio niente da festeggiare.

Di Valentina G. Milani

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