Il Sud Sudan è a un passo dal precipitare in una nuova guerra civile. A lanciare l’allarme è stato Nicholas Haysom, rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite e capo della Missione Onu nel Paese (Unmiss), durante un briefing con la stampa al Palazzo di Vetro, collegato in videoconferenza da Juba.
Da un comunicato delle Nazioni Unite si apprende che Haysom ha descritto un quadro drammatico: attacchi indiscriminati contro civili, sfollamenti di massa, tensioni etniche in aumento. “Un conflitto cancellerebbe tutti i progressi faticosamente raggiunti dopo l’accordo di pace del 2018. Sarebbe devastante non solo per il Sud Sudan, ma per l’intera regione, che non può permettersi un’altra guerra”, ha dichiarato.
L’indipendenza del Sud Sudan dal Sudan, ottenuta nel 2011, non ha portato la stabilità sperata. Dal 2013 il Paese è stato dilaniato da una guerra civile tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle legate all’ex vicepresidente Riek Machar. Nonostante la firma dell’Accordo di pace rivitalizzato nel 2018, i ritardi nella sua attuazione e la persistente rivalità politica hanno mantenuto alta la tensione.

Il 4 marzo la situazione è precipitata nuovamente: la cosiddetta White Army, una milizia giovanile, ha assaltato caserme dell’esercito a Nasir, nello Stato dell’Alto Nilo. In risposta, le forze governative hanno effettuato bombardamenti aerei su aree civili, utilizzando barili esplosivi contenenti, secondo alcune fonti, sostanze altamente infiammabili. Le Nazioni Unite parlano di “ferite orribili, in particolare ustioni, anche su donne e bambini” e almeno 63.000 sfollati.
Secondo Haysom, entrambe le parti si stanno preparando a nuovi scontri e sono emerse denunce sull’arruolamento di minori nei gruppi armati. Inoltre, la presenza di forze straniere su richiesta del Governo ha alimentato ulteriori timori, riaprendo ferite ancora aperte dei conflitti precedenti.
La tensione non è solo militare, ma anche politica: membri di rilievo del Movimento di liberazione del Popolo sudanese in opposizione (Splm-IO) sarebbero stati rimossi, detenuti o costretti alla fuga. A peggiorare il quadro, il crescente uso di disinformazione e incitamento all’odio contribuisce a esacerbare le divisioni etniche e ostacola ogni tentativo di riconciliazione.

Nonostante gli sforzi diplomatici dell’Unmiss e il coinvolgimento dell’Unione africana, dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) e della Commissione congiunta di monitoraggio e valutazione, la prevista visita a Juba dei ministri degli Esteri dell’Igad è stata rinviata senza spiegazioni da parte del Governo sudsudanese. “Una battuta d’arresto deludente, proprio mentre la diplomazia sarebbe più necessaria che mai”, ha affermato Haysom.
L’Onu chiede ai leader sudsudanesi di riaffermare subito l’impegno per l’accordo di pace del 2018, rispettare il cessate il fuoco, liberare i funzionari detenuti e risolvere le dispute con il dialogo, non con le armi. Haysom ha infine invitato il presidente Kiir e il primo vicepresidente Machar a incontrarsi per riaffermare pubblicamente la volontà comune di evitare una nuova spirale di violenza. “È il momento di agire, perché l’alternativa è troppo terribile da immaginare”, ha concluso.