Sta suscitando ampio dibattito sui media sudafricani la polemica esplosa dopo l’elezione a nuovo sindaco di Johannesburg di Jolidee Matongo che, subito dopo la sua nomina alla guida della più grande città del Sudafrica, aveva ricordato con orgoglio che suo padre era immigrato nel Paese dal vicino Zimbabwe.
“Io Jolidee Matongo, figlio del defunto immigrato dallo Zimbabwe Edmond Matongo, con la presente dichiarazione accetto la nomina per l’incarico di sindaco esecutivo della nostra città”, aveva detto rivendicando in questo modo le proprie origini.
Ma tale dichiarazione che, nelle intenzioni, voleva probabilmente illustrare il coronamento di un percorso personale cominciato nella township di Soweto, alla periferia sud-occidentale di Johannesburg, dove il neo-eletto sindaco era nato nel 1974, ha dato la stura a una tempesta di critiche, in particolare sui social media, che chiedevano l’immediata rimozione di Matongo perché “non sudafricano”.
A poco è bastato ricordare Matongo è, a tutti gli effetti, un cittadino sudafricano (così come lo era anche il padre che era emigrato legalmente in Sudafrica), abbia completato tutti i cicli di studi fino all’università nel Paese in cui è cresciuto, svolga attività di politica attiva tra le fila dell’African National Congress (Anc) da quando aveva 13 anni e da dieci sieda tra i banchi dei consiglieri municipali di Johannesburg.
L’hashtag #WeRejectMayorOfJHB (Rifiutiamo il sindaco di Johannesburg) è diventata di tendenza su Twitter con centinaia di utenti a denunciare la presunta illegittimità dell’elezione di Matongo. Tra tutti, Ike Khumalo che era già stato arrestato ad agosto con l’accusa di incitamento all’odio in seguito ai saccheggi che a luglio avevano causato oltre 300 vittime nelle proteste scoppiate dopo l’incarcerazione dell’ex presidente Jacob Zuma. “Devono tornare tutti ne loro Paesi”, ha detto Khumalo intervenendo a una trasmissione sull’emittente televisiva Newzroom Afrika.
Critiche da cui ha preso invece nettamente le distanze Julius Malema, leader del partito di sinistra radicale degli Economic Freedom Fighters (Eff), che ha descritto le polemiche xenofobe come prive di senso: “Siamo cresciuti insieme con Jodilee Matango nella Lega giovanile dell’Anc e oggi dovremmo respingerlo per suo padre veniva dallo Zimbabwe: politicamente non siamo d’accordo, ma resta un mio fratello nero. Mi dispiace, ma non consideratemi tra le vostre sciocchezze”.
Ancora più esplicito il Forum della diaspora africana, associazione non governativa riconosciuta dall’Unione Africana, che in un comunicato sottolinea come “la migrazione oggi [sia] percepita come negativa. Abbondano il razzismo, l’afrofobia e la xenofobia. I migranti sono percepiti come criminali, tossicodipendenti e trafficanti e sono accusati di tutti i mali della società nel paese, dipingendo un quadro molto brutto e fuorviante di ciò che gli immigrati hanno fatto per il Sudafrica nel passato e nel presente”. Un discorso valido per il Sudafrica, ma che mutatis mutandis vale anche per tante altre situazioni a noi anche molto più vicine.