I procuratori sudafricani non perseguiranno le accuse penali contro il presidente Cyril Ramaphosa in relazione al controverso scandalo del furto in fattoria che lo ha quasi fatto cadere due anni fa. La vicenda, soprannominata “Farmgate”, è venuta alla luce quando l’ex capo delle spie sudafricane, Arthur Fraser, ha raccontato alla polizia, nel giugno 2022, l’accaduto e ha accusato Ramaphosa di riciclaggio di denaro, corruzione e di aver coperto un grosso furto di valuta estera.
Ramaphosa ha negato qualsiasi illecito. Nel giugno 2023 l’autorità di vigilanza anticorruzione lo ha scagionato da un potenziale conflitto di interessi legato al denaro trovato all’interno di un divano nella sua fattoria di caccia Phala Phala.
La vicenda gli è quasi costata la leadership dell’African National Congress (Anc) – un requisito indispensabile per essere in lizza per le elezioni presidenziali di quest’anno – alla fine del 2022. Ramaphosa è stato rieletto presidente a giugno, anche se costretto a formare una coalizione, mentre le indagini penali erano ancora in corso.
La decisione di non formulare alcuna accusa nei confronti di Ramaphosa o di chiunque altro è arrivata dopo “un processo investigativo completo”, hanno dichiarato i pubblici ministeri. In un comunicato, il direttore delle Procure del Limpopo Ivy Thenga ha affermato che la decisione di non perseguire Ramaphosa è stata presa dopo un’ “attenta valutazione” di tutte le prove disponibili presentate ai pubblici ministeri dalla Direzione per le indagini sui crimini prioritari (Dpci).
L’indagine ha riguardato anche ogni possibile violazione delle imposte sul reddito e delle norme sul controllo dei cambi, ha aggiunto il procuratore.
Il processo contro tre persone accusate di essersi introdotte nella fattoria di Ramaphosa proseguirà a novembre. Le accuse sono diverse, tra cui riciclaggio di denaro e violazione di domicilio.