Sudafrica: caso Zuma e pandemia, continuano le proteste

di Enrico Casale

Continuano le proteste e le rivolte, anche violente, in tutto il Sudafrica con negozi saccheggiati e interi edifici dati alle fiamme in molte città del Paese: violenze legate alla carcerazione dell’ex-presidente Jacob Zuma, condannato dalla Corte Suprema a 15 mesi di reclusione per oltraggio e reticenza, ma anche alla situazione di incertezza economica e sociale causata dalla pandemia di coronavirus.

Diversi filmati diffusi sui social media e verificati da InfoAfrica mostrano decine di persone, nella giornata di domenica e durante la notte successiva, assaltare e saccheggiare negozi e botteghe in diverse città sudafricane: a KwaZulu-Natal, regione natale di Zuma, diversi filmati mostrano un grosso incendio appiccato a un centro commerciale mentre decine di manifestanti lo assaltano per saccheggiarlo. Immagini simili sono state girate, e diffuse sui social, nella provincia di Gauteng, in particolare a Johannesburg (la città più grande del Paese). Secondo la polizia sudafricana nel fine settimana sono state arrestate 37 persone a KwaZulu e 25 a Johannesburg, 200 sarebbero invece i fermati e poi rilasciati in tutto il Paese, e diverse sono anche le vittime delle proteste: quattro morti nel Gauteng, due a KwaZulu, uno a Johannesburg. Tre gli agenti feriti.

Ieri mattina l’esercito ha fatto sapere, con un comunicato stampa diffuso dai media sudafricani, di aver schierato le truppe nelle due province maggiormente interessate dalle proteste. Le proteste, animate in particolare dai sostenitori di Jacob Zuma che sostengono che l’ex-Presidente sia una vittima di una caccia alle streghe politica, orchestrata dagli alleati dell’attuale presidente Cyril Ramaphosa, sono attualmente di fronte a un bivio: forzare i toni o ritirarsi. Ramaphosa, in un discorso televisivo domenica sera, ha fatto appello alla calma, affermando che le persone “possono essere ferite e arrabbiate”, ma che al contempo “non c’è giustificazione” per la violenza.

Zuma, attualmente detenuto al Centro correzionale di Estcourt, è stato incarcerato per aver sfidato un ordine del tribunale che gli imponeva di testimoniare nell’ambito di un’inchiesta statale che indagava su casi di corruzione ad alto livello, di appropriazione indebita e di distrazione di fondi pubblici durante il suo mandato come presidente, tra il 2009 e il 2018. L’ex-Presidente respinge in toto le accuse a suo carico. L’appello di Zuma per essere rilasciato è stato respinto venerdì scorso da un tribunale regionale.

Ma non è solo la politica a spingere tanti sudafricani alla protesta. Nel suo discorso televisivo, Ramaphosa non ha solo condannato le violenze ma ha specificato che queste stanno “ostacolando gli sforzi del Sudafrica per ricostruire l’economia” devastata dalla pandemia: con oltre 16.000 casi al giorno il Paese si conferma uno dei più colpiti del continente africano ed anche uno dei più in difficoltà sotto il profilo della campagna vaccinale e dei dati economici. Trade union Solidarity, il sindacato che rappresenta la minoranza afrikaner, ha chiesto al governo la privatizzazione della campagna vaccinale: “Il governo fa da collo di bottiglia” per gli appalti e la distribuzione dei vaccini, si legge in un loro comunicato stampa. Il Paese è attualmente a livello di allerta 4 per quanto riguarda la pandemia, il secondo più alto: coprifuoco notturno tra le 21 e le 4, scuole chiuse fino al 26 luglio, come anche chiuse restano attività come ristoranti e bar. La terza ondata sudafricana è “molto più grave delle due precedenti” afferma il governo. Mentre, come fatto sapere da Ramaphosa nel suo discorso di domenica, il governo sta valutando la riapertura parziale di alcune attività lo stesso governo ha esteso ieri il divieto di vendita di bevande alcoliche e qualsiasi tipo di riunione pubblica per le prossime due settimane. Un ulteriore elemento di stress e di esasperazione per la popolazione sudafricana, che inoltre contribuisce a gettare molta benzina sul fuoco delle proteste di questi giorni.

L’associazione nazionale di produttori di birra (Basa) sostiene che tali imposizioni sull’alcol mettano a rischio 4.600 lavoratori del settore mentre lo stesso Ramaphosa sostiene che il proibizionismo, in questo momento, serve a ridurre la pressione sugli ospedali perché ci sono meno ricoveri per incidenti stradali o intossicazioni riconducibili all’abuso di alcol.

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