Un’associazione che rappresenta i coltivatori bianchi sudafricani sfiderà giovedì la decisione del presidente Cyril Ramaphosa di modificare la Costituzione per consentire l’espropriazione della terra senza compensazione.
Ramaphosa, che ha rimpiazzato Jacob Zuma a febbraio, ha trasformato la ridistribuzione della terra in uno dei punti qualificanti del suo programma. Ciò potrebbe permettergli di recuperare consenso nel Paese di compattare l’African National Congress (Anc), il suo partito, che è molto frazionato all’interno.
La terra è un tema caldo in Sudafrica, dove la disuguaglianza razziale è ancora una triste realtà 24 anni dopo la fine dell’apartheid. I bianchi – il 9% dei 56 milioni di abitanti – possiedono ancora più del 70% di terreni fertili.
Fin dalla fine dell’apartheid (1994), l’Anc ha cercato di mettere in pratica politiche di redistribuzione puntando soprattutto sul modello «venditore-volontario, compratore-disponibile» in base al quale il governo acquista dai bianchi le proprietà per poi assegnarle ai neri. I progressi sono però stati lenti.
Afriforum, un gruppo di difesa che rappresenta soprattutto afrikaner bianchi, sta mettendo in dubbio la legalità di un rapporto chiave della commissione parlamentare che raccomandava un cambiamento alla Costituzione. Secondo Afriforum, il comitato ha illegittimamente nominato un esperto esterno per compilare il rapporto e ha anche omesso di considerare oltre 100mila ricorsi dell’opposizione all’espropriazione senza compensazione.
L’Anc non sembra però curarsi della posizione di Afriforum. Alcuni suoi esponenti hanno definito il ricorso dell’associazione come un mero tentativo di frustrare il processo legislativo che non ha nulla a che fare con la giustizia sociale.