Sudafrica, la figlia dell’ex presidente Zuma a processo per incitamento alla violenza

di claudia
Duduzile Zuma-Sambudla,

Duduzile Zuma-Sambudla, figlia dell’ex presidente sudafricano Jacob Zuma, è comparsa ieri in tribunale con l’accusa di terrorismo per il suo presunto coinvolgimento nelle violenze del 2021 che causarono oltre 300 morti.

Le rivolte, iniziate a Durban e poi propagate alla provincia di Gauteng, furono scatenate dall’incarcerazione dell’ex capo di Stato. Zuma-Sambudla, figura già controversa, è accusata di aver diffuso messaggi incendiari sui social media che avrebbero alimentato il caos.

Secondo la polizia, l’arresto della figlia dell’ex presidente è il risultato di “un’indagine meticolosa”. Zuma-Sambudla si è consegnata spontaneamente alla stazione di polizia centrale di Durban ieri mattina per affrontare le accuse ai sensi della legge sulla protezione della democrazia costituzionale contro il terrorismo e l’incitamento alla violenza.

L’Autorità Nazionale per le Indagini (Npa) ha spiegato che il lungo tempo impiegato per le indagini è dovuto alla complessità del caso. “È la prima volta che l’NPA persegue penalmente una persona per contenuti pubblicati su X, precedentemente noto come Twitter, che riteniamo costituiscano incitamento al terrorismo”, ha dichiarato il portavoce Mthunzi Mhaga.

Nel corso dell’udienza, Zuma-Sambudla ha affermato di voler dichiararsi non colpevole, sostenendo che non esistano prove concrete contro di lei, si apprende dalla stampa locale che preicisa che il processo è stato rinviato a marzo presso l’Alta Corte di Durban, e l’imputata è stata rilasciata su cauzione.

All’esterno del tribunale, un gruppo di sostenitori del partito uMkhonto WeSizwe (Mk), di cui Zuma-Sambudla è un membro di spicco, si è radunato in segno di solidarietà. Anche Jacob Zuma era presente e ha rilasciato dichiarazioni in difesa della figlia: “Stanno arrestando mia figlia solo perché non piace a loro, così come non piaccio io e non piace il partito che rappresentiamo. Dobbiamo restare in silenzio?”.

L’ex presidente ha inoltre paragonato la situazione alla sua stessa incarcerazione nel 2021, ribadendo di essere stato arrestato ingiustamente.

Le rivolte del 2021 sono considerate uno degli episodi più sanguinosi nella storia del Sudafrica post-apartheid. Per giorni, il Paese è stato scosso da saccheggi e violenze, con oltre 200 centri commerciali devastati e la perdita di circa 150.000 posti di lavoro.

L’anno scorso, la Commissione Sudafricana per i Diritti Umani ha pubblicato un rapporto in cui definiva le rivolte un “evento orchestrato con cura”, pur non trovando collegamenti diretti con l’arresto di Zuma.

Nel 2023, un ex agente di sicurezza è stato condannato a 12 anni di carcere per il suo ruolo nei disordini, il primo caso di condanna legato agli eventi di quell’anno.

Il presidente Cyril Ramaphosa ha definito la violenza “un tentativo di insurrezione”. Lo scorso anno, il partito MK di Zuma ha ottenuto il 15% dei voti nelle elezioni, diventando la terza forza politica del Paese e sfidando l’African National Congress (Anc).

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