Desta preoccupazione la riforma agraria varata in Sudafrica il 27 febbraio. Agricoltori bianchi, oppositori e osservatori internazionali temono che questa sia una replica della disastrosa riforma messa in atto nel 2000 in Zimbabwe da Robert Mugabe. Il testo, approvato in parlamento con il voto favorevole di 241 deputati e contrario di 83 contrari, prevede l’esproprio dei grandi latifondi in mano ai bianchi senza alcuna compensazione. Dopo la fine del regime di apartheid, il presidente Nelson Mandela aveva previsto che le terre potessero essere espropriate, ma solo dietro un indennizzo. Questa politica però ha avuto poco successo. Attualmente, infatti, ancora il 73% dei terreni coltivabili è in mano d agricoltori bianchi contro l’80% ai tempi dell’apartheid. In realtà, il voto della scorsa settimana non apre subito agli espropri, ma istituisce una commissione che dovrà consultare politici, società civile ed esperti vari, prima di procedere alla modifica della Costituzione lì dove – section 25 – impedisce tali drastiche misure. I risultati dei lavori di questa commissione verranno resi pubblici ad agosto.
Questo provvedimento è la diretta conseguenza del discorso sullo stato della nazione pronunciato due settimane fa del nuovo presidente Cyril Ramaphosa. In quell’occasione, il capo dello Stato aveva affermato che è ormai necessario accelerare la redistribuzione della terra ai neri sudafricani e curare le ferite del passato. Ramaphosa ha voluto comunque essere rassicurante: «Gestiremo questo problema in un modo che non danneggerà l’economia o la sicurezza alimentare» (facendo un riferimento all’esperienza negativa dei vicini zimbabwiani).
La misura però preoccupa. Il principale sindacato agricolo, composto principalmente da agricoltori bianchi, ha chiesto chiarimenti. Il rischio è che le terre passino a proprietari che non siano in grado di coltivarle in modo efficiente. Ciò provocherebbe un crollo della produzione agricola e un tracollo dell’industria di trasformazione. Il timore è diffuso anche in molte organizzazioni economiche internazionali e dall’opposizione.Pieter Groenewald, leader del Freedom Front Plus, partito nazionalista afrikaner, evoca «conseguenze irreparabili» sull’economia sudafricana. Negativo anche il parere di Mosiuoa Lekota del Congress of the People (costola dell’Anc, ma ultramoderata) secondo non si può pensare che l’eguaglianza si raggiunga con la «dominazione sui bianchi».
Secondo diversi osservatori, però, questo progetto di riforma è soprattutto un messaggio politico. Ad un anno di elezioni presidenziali, l’Anc, il partito di maggioranza, è sotto pressione per gli scandali che hanno coinvolto l’ex presidente Jacob Zuma e per l’incapacità dei governi dell’Anc che si sono susseguiti da 24 anni a questa parte di porre fine alle disparità razziali. Il partito al governo sta cercando di riconquistare un elettorato sempre più sedotto dalla sinistra radicale di Julius Malema.
Sarà quindi solo una mossa politica? Oppure è un provvedimento destinato ad avere efftti reali sull’economia? Saranno i prossimi mesi a dircelo.