di Angelo Ferrari
L’African National Congress, lo storico partito al governo in Sudafrica, ha rinnovato la sua fiducia a Cyril Ramaphosa per guidare il movimento e quindi il Paese, durante una riunione del congresso a Johannesburg. Ramaphosa, 70 anni, la cui popolarità non è venuta meno nonostante un recente scandalo, ha ottenuto 2.476 voti dai delegati dell’African National Congress (Anc), mentre 1.897 sono andati al suo unico concorrente, l’ex ministro della Salute, Zweli Mkhize, 66 anni, implicato lo scorso anno in uno scandalo di corruzione e per questo “licenziato” dallo stesso Ramaphosa.
Questo voto, largamente favorevole al presidente, apre la strada a un secondo mandato per la presidenza del paese, se l’Anc, nonostante l’elevata disoccupazione e la crisi energetica che lo attanaglia, uscirà vittoriosa dalle elezioni politiche del 2024. Nelle lunghe ore che hanno preceduto il voto, proseguito fino a tarda ora nella notte di domenica, regnava l’incertezza. Mkhize, infatti, ha boicottato il presidente, puntando sugli scandali che lo hanno coinvolto per batterlo dentro le urne del congresso. Un presidente che fino pochi giorni prima godeva di un considerevole vantaggio rispetto al suo competitor. Secondo una fonte vicina a Zweli Mkhize, da tempo erano stati presi accordi per raccogliere voti nelle province strategiche. La tattica era stata ideata “molto prima del congresso” e svelata all’ultimo minuto “per contrastare la cultura dell’intimidazione” all’interno del partito.
Cyril Ramaphosa, tuttavia, rimaneva il favorito e aveva dalla sua parte la stragrande maggioranza dei candidati dell’Anc quando questi, un mese fa, sono stati nominati. Gli stessi che lo hanno salvato da una procedura di impeachment avviata la settimana scorso dal Parlamento. Ramaphosa, infatti, è stato messo in “imbarazzo” per mesi da uno scandalo in odore di corruzione: è accusato di aver tenuto mazzette di denaro sporco in casa, preferendo insabbiare la vicenda quando dei ladri si sono introdotti in una delle sue residenze e rubato questi soldi nel 2020.
Durante il suo discorso all’apertura del congresso del partito venerdì sera, Ramaphosa è stato interrotto ad alta voce da dozzine di delegati, che cantavano e picchiavano sui tavoli, imitando con le mani una trottola per chiedere il cambiamento. I suoi sostenitori, invece, si sono opposti alzando l’indice e il medio, per chiedere un secondo mandato a colui che Nelson Mandela aveva designato come il più dotato della sua generazione. L’Anc, poi, ha eletto alla carica di vicepresidente, che tradizionalmente funge da trampolino di lancio per i futuri presidenti, Paul Mashatile, 61 anni, della township più povera di Johannesburg, fino ad oggi tesoriere del partito. Se Ramaphosa, che non è indagato, risultasse coinvolto nello scandalo Phala Phala – dal nome della sua proprietà dove un furto nel 2020 ha rivelato le imbarazzanti mazzette – la Costituzione prevede che sarà il suo vicepresidente a succedergli.
Nonostante ciò, recenti sondaggi mostrano che “Cyril”, percepito come un leader affabile e composto, rimane apprezzato dai sudafricani. Molto più del partito, dilaniato da fazioni rivali e che perde terreno alle urne da dieci anni a questa parte in un paese dove la povertà, le disuguaglianze vertiginose, criminalità e incessanti interruzioni di corrente, sconvolgono l’economia e che il presidente in carica non è riuscito a risolvere. In vista delle elezioni generali del 2024, l’Anc non ha, dunque, un’alternativa credibile all’attuale presidente, che rimane la sua migliore risorsa, notano molti analisti. Cyril Ramaphosa proviene da una famiglia modesta di Soweto, baluardo della lotta all’apartheid, poi ha fatto fortuna nel mondo degli affari prima di tornare in politica dieci anni fa.
Ramaphosa, studente di giurisprudenza, ha condotto una campagna contro l’apartheid e ha trascorso undici mesi in isolamento in prigione, poi ha abbracciato il sindacalismo, un raro mezzo legale per combattere il regime razzista. Nel 1982 ha fondato il potente sindacato dei minatori che ha scosso il potere bianco con massicci scioperi. Al suo rilascio dalla prigione nel 1990, Ramaphosa ha agito al fianco dell’icona Nelson Mandela e ha contribuito alla transizione democratica. Candidato alla presidenza dell’Anc nel 1999, il partito, invece, ha preferito Thabo Mbeki. Si è poi allontanato dalla politica, si è rivolto agli affari e ha beneficiato della politica di emancipazione economica dei neri.
Con la sua holding Shanduka, un tempo titolare delle licenze locali di McDonald’s e Coca-Cola, Ramaphosa ha fatto la sua fortuna ed è entrato nella classifica della rivista americana Forbes, come uno tra gli uomini più ricchi dell’Africa. Sposato tre volte – la sua attuale moglie Tshepo Motsepe è la sorella del boss del calcio africano Patrice Motsepe – padre di cinque figli, l’attuale presidente ha una passione per l’allevamento del bestiame raro, che gli ha fatto guadagnare il soprannome di “il bufalo”. Nel 2012 era direttore di un gruppo minerario quando ha chiesto l’intervento della polizia contro gli scioperanti. A Marikana, 34 persone vengono uccise dall’intervento della polizia, la più grande operazione di repressione dai tempi dell’apartheid. Quest’ombra non gli ha impedito di tornare in politica e nel 2012 viene eletto vicepresidente dell’Anc e inizia, così, la sua ascesa politica. Paziente e abile negoziatore, ha preso il timone dell’Anc nel 2017. Una volta estromesso Jacob Zuma – che all’epoca era presidente – l’anno successivo, ha assunto le redini del Paese.
La sua gestione della crisi Covid è stata molto apprezzata all’estero, ma Ramaphosa deve affrontare un crescente malcontento dei sudafricani, alimentato dalla disoccupazione, dall’elevata disuguaglianza e dalle croniche interruzioni di corrente.