In questi giorni si ricorda il centesimo anniversario della nascita di Nelson Mandela. Le celebrazioni sono giustamente concentrate sul valore della sua lotta contro il regime segregazionista. Il suo impegno durato una vita contro l’apartheid orchestrato dalla minoranza bianca ai danni dalla popolazione nera. Icona delle battaglie per la libertà, fu premio Nobel per la pace del 1993 e presidente del Sudafrica dopo 27 anni di prigione. Mandela credeva nei valori della democrazia, ma credeva anche nei valori sportivi. Lo sport come uno strumento di crescita, di riscatto e di coesione sociale.
Nelson Mandela ebbe una geniale intuizione: ricostruire il suo Paese attraverso la diffusione e veicolazione dei valori dello sport. Mandela conobbe il linguaggio del rugby durante gli anni di prigionia osservando i comportamenti in campo e fuori dal campo mentre le guardie carcerarie giocavano. E proprio attraverso il rugby, allora giocato dalla sola minoranza bianca, decise di utilizzare lo strumento del «perdono» sorprendendo tutti con la generosità e con la comprensione. «Io so cosa i bianchi ci hanno tolto – disse -, ma questo è il momento di costruire una nazione».
Il rugby era odiato dai neri che giocavano a calcio. Ma Mandela si rese conto che lo sport dei bianchi, che allora era la minoranza ricca e colta del Sudafrica, non poteva essere abolito, ma doveva essere destinato a sport di tutto il Paese. Così colse l’opportunità proprio durante i mondiali che si tennero in Sudafrica, per un evento che era di carattere celebrativo sportivo, ma a questo punto anche politico, con oltre un miliardo di persone pronto a seguirlo.
Il successo della nazionale di rugby sudafricana nella Coppa del Mondo del 1995, svoltasi proprio in Sudafrica, non fu soltanto una incredibile vittoria sportiva. Fu il trionfo di una nazione uscita dal buio dell’apartheid, in cui per la prima volta le distanze tra bianchi e neri si annullarono per sostenere l’esaltante cammino della squadra guidata dal capitano François Pienaar. Fu quest’ultimo a ricevere la coppa dal presidente Nelson Mandela – anche lui con indosso la maglia numero 6 di Pienaar – dopo aver battuto la Nuova Zelanda per 15-12 nella storica finale di Johannesburg del 24 giugno. Proprio nel rugby Mandela aveva visto la chiave per unire il Sudafrica
«Lo sport ha il potere di cambiare il mondo – ebbe modo di affermare -. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport ha il potere di creare speranza dove c’è disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni».