Aveva promesso una lotta durissima contro la corruzione, ora lui stesso è accusato di essere un corrotto. Il public protector sudafricano, Busisiwe Mkhwebane, accusa il presidente Cyril Ramaphosa di riciclaggio di denaro e di aver mentito al Parlamento. Ramaphosa nega qualsiasi illecito e i suoi sostenitori affermano che quelle di Mkhwebane sono accuse politiche che non hanno alcun fondamento. In effetti, sullo sfondo di questo scandalo, c’è la lotta per il potere all’interno del partito di governo (l’Anc, il partito di Nelson Mandela). Chi riuscirà a controllare il partito, riuscirà a diventare presidente e a governare il Paese.
Ma da dove nascono le accuse? Lo scorso anno, Ramaphosa aveva dichiarato di fronte al Parlamento di non aver ricevuto alcuna donazione, da parte di una controversa società locale, durante la campagna elettorale. In seguito è emerso che non era vero. Ramphosa si è scusato e ffermando che non era stato correttamente informato. Ma il public protector, autorità che vigila sui casi di corruzione in Sudafrica, afferma ora che Ramaphosa ha deliberatamente ingannato il Parlamento e che dovrebbe essere indagato dai pubblici ministeri.
In molti leggono queste accuse contro il presidente come parte della battaglia per il controllo dell’Anc e dello stesso Sudafrica. Le lotte tra le fazioni all’interno del partito sono diventate più dure da quando l’ex presidente Jacob Zuma, 77 anni, è stato costretto a dimettersi da presidente nel febbraio 2018 con l’accusa di corruzione. A sostituirlo è stato proprio Cyril Ramaphosa, che ha promesso di combattere la corruzione nel Paese, descrivendo i nove anni di mandato di Zuma come «sprecati». I critici di Mkhwebane la accusano di pregiudizi e affermano di essere diventata strumento della lotta per il potere che gli alleati dell’ex presidente Zuma stanno portando avanti per ostacolare Ramaphosa. Le battaglia si sposta ora nei tribunali sudafricani che, fortunatamente, sono largamente indipendenti.