Gli Springboks, la nazionale sudafricana di rugby, hanno un nuovo allenatore. Si chiama Allister Coetzee, ha 52 anni, e non è nuovo a incarichi nella selezione essendo già stato collaboratore di Jake White nella Coppa del Mondo vinta di Boks nel 2007. Succede ad Heyneke Meyer che occupava il ruolo di head coach da 4 anni.
«Toetie», com’è soprannominato, vanta un’esperienza di allenatore ventennale iniziata con Eastern Province, nazionale emergenti Sudafrica, quindi la già citata avventura come tecnico dei trequarti in prima squadra, Western Province, Stormies, fino alla scelta giapponese del 2015. Nel suo ruolo di Commissario Tecnico sarà affiancato da Mzwandile Stick per i trequarti e Johan Van Graan per gli avanti.
A lui spetteranno due compiti, entrambi delicati. Il primo sarà riportare gli Springboks ai vertici della palla ovale. Perché se è vero che negli ultimi campionati mondiali la nazionale sudafricana è arrivata terza, è vero che è reduce da una storica e umiliante sconfitta con il meno blasonato Giappone.
Coetzee avrà anche un altro e (molto) più delicato compito: rendere gli Springboks «meno bianchi». Da sempre, in Sudafrica il rugby è lo sport dei bianchi. La stretta di mano tra Nelson Mandela e il capitano François Pienaar (immortalata nel film «Invictus») fu uno dei simboli della transizione pacifica del Sudafrica. Più di mille parole, quel gesto rappresentò l’accettazione dei bianchi della fine di un’epoca di discriminazioni.
A oggi però la palla ovale è ancora una questione di bianchi. Nei vivai ci sono pochi ragazzi di colore e ancora meno nelle squadre di vertice. All’ultimo Mondiale, il Sudafrica ha schierato in media tre non bianchi in ogni XV e le franchigie del Super Rugby, insieme, arrivano al 27%. Ma, pur essendoci pochi giocatori di colore, la politica ha obbligato la federazione a introdurre giocatori fino ad almeno il 50% della squadra entro il 2019 e la federazione si è impegnata a rispettare l’imposizione.
Sarà quindi Coetzee, che è un colored (figlio cioè di una coppia mista), a dover portare avanti questo programma. Un impegno forse più difficile che battere gli All Blacks neozelandesi, i rivali di sempre sul campo.