Il 61% delle strutture sanitarie è chiuso a Khartoum, capitale del Sudan, e solo il 16% funziona normalmente. Lo ha detto il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolineando in un briefing con la stampa che oltre ai morti e feriti causati dal conflitto in corso in Sudan dal 15 aprile scorso, “l’Oms prevede che ci saranno molti più decessi dovuti a epidemie, mancanza di accesso a cibo e acqua e per le interruzioni dei servizi sanitari essenziali, compresa l’immunizzazione”.
“Molti pazienti con malattie croniche, come malattie renali, diabete e cancro, non possono accedere alle strutture sanitarie o ai medicinali di cui hanno bisogno – ha spiegato – nelle prossime settimane si stima che 24.000 donne partoriranno, ma al momento non sono in grado di accedere alle cure materne. I programmi di controllo dei vettori per prevenire la trasmissione di dengue e malaria sono stati interrotti; il rischio di malattie diarroiche è alto perché l’approvvigionamento idrico è interrotto e le persone bevono l’acqua del fiume per sopravvivere; con i programmi nutrizionali sospesi sono a rischio 50.000 bambini; e il movimento di civili in cerca di sicurezza minaccia il fragile sistema sanitario in tutto il Paese”.
Rimanendo in ambito in ambito sanitario, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) “sta raccogliendo informazioni e conducendo una valutazione del rischio” per la salute pubblica dopo che i combattenti in Sudan hanno occupato il laboratorio centrale di Sanità pubblica dove sono presenti campioni di agenti patogeni. Lo ha riferito il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, in un briefing con la stampa.
“L’Oms è preoccupata per l’occupazione del laboratorio centrale di Sanità pubblica da parte di una delle parti in conflitto. I tecnici non hanno più accesso al laboratorio, il che significa che il laboratorio non è più in grado di svolgere la sua normale funzione diagnostica e di riferimento – ha detto Tedros – siamo anche preoccupati dal fatto che coloro che occupano il laboratorio possano essere esposti accidentalmente agli agenti patogeni che vi sono immagazzinati”.