Il leader militare sudanese, generale Abdel Fattah al-Burhan, ha escluso ogni possibilità di trattativa con le Rapid Support Forces (Rsf), affermando che l’unica soluzione possibile è che le Rsf depongano le armi e si ritirino in aree designate. Durante una conferenza sui problemi delle donne nel Sudan orientale, Burhan ha dichiarato: “Non ci sono accordi né negoziazioni. Abbiamo proposto una soluzione: che i ribelli depongano le armi e si radunino in luoghi specifici, poi il popolo sudanese deciderà il proprio destino”.
Burhan ha accusato le Rsf di aver assediato città come El Fasher e di aver causato gravi danni nelle regioni del Darfur e del Kordofan, tra cui violenze contro civili e donne, nonché il blocco di cibo e acqua. Il leader militare ha ribadito che l’esercito è determinato a “eliminare la ribellione” e “sradicare la milizia terroristica” delle Rsf, che accusa di legami con la famiglia Daglo.
Inoltre, Burhan ha negato di aver mai proposto un incontro tra le forze politiche, chiarendo che non ci sono stati inviti a negoziare con nessun gruppo. Ha invitato, invece, tutti i sudanesi sinceramente pentiti a unirsi all’iniziativa, aprendo la “porta del pentimento”, ma con precise condizioni.
Il governo militare ha anche accusato i leader della coalizione Forces of Freedom and Change (Ffc) di collaborare con le Rsf, sebbene quest’ultima neghi le accuse. Burhan ha lodato l’impegno delle donne sudanesi nel sostenere le forze armate, sottolineando la necessità di investire nelle risorse del Paese, specialmente nell’est, per migliorare la condizione delle donne, le quali hanno subito gravi violenze e perdite durante il conflitto.