L’organizzazione Amnesty International ha affermato ieri che i civili vivono in un “orrore inimmaginabile” in Sudan, dove dallo scorso 15 aprile sono scoppiati scontri tra l’esercito e le cosiddette Forze di supporto rapido (Rsf)).
In un rapporto intitolato “La morte ha bussato alla nostra porta”, l’organizzazione, che si concentra sui fatti di Khartoum e della regione occidentale del Darfur, e si basa su interviste a 181 persone nel Ciad orientale, ha parlato di “diffusi crimini di guerra, con l’uccisione di civili in attacchi deliberati e indiscriminati”. “I civili in tutto il Sudan vivono quotidianamente in un orrore inimmaginabile nel contesto di una lotta incessante tra le Rsf e l’esercito sudanese per il controllo del territorio”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International.
“Le persone vengono uccise nelle loro case o nella loro disperata ricerca di cibo, acqua e medicine, e vengono catturate dal fuoco incrociato mentre fuggono, e vengono deliberatamente colpite durante attacchi mirati”, ha aggiunto Callamard.
Ma l’organizzazione non denuncia solo omicidi: “Decine di donne e ragazze, alcune di appena 12 anni, sono state sottoposte a stupri e altre forme di violenza sessuale per mano delle parti in conflitto. Nessun luogo è sicuro”, si è indignata l’esponente di Amnesty, che denuncia anche saccheggi sistematici, inclusi negli ospedali. L’organizzazione ha indicato che “molte strutture sanitarie e umanitarie sono state distrutte o danneggiate in tutto il Paese”, osservando che “la maggior parte dei casi di saccheggio documentati riguardava membri delle forze di supporto rapido”. Callamard ha inoltre ricordato: “Attacchi deliberati contro operatori o oggetti umanitari, o contro strutture sanitarie o unità mediche, equivalgono a crimini di guerra”.
“La spirale di violenza nella regione del Darfur, dove le Rsf e le milizie alleate seminano morte e distruzione, ricorda la tattica della terra bruciata usata in passato, talvolta coinvolgendo alcuni degli stessi attori”, ha affermato Callamard.
Amnesty ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di estendere la portata dell’embargo sulle armi attualmente in vigore nel Darfur per includere l’intero Sudan e di garantire che venga rispettato. “La comunità internazionale deve aumentare drasticamente il sostegno umanitario. I Paesi vicini devono garantire che i loro confini siano aperti ai civili in cerca di sicurezza”, ha ancora aggiunto Callamard.
L’organizzazione ha concluso invitando “il Consiglio per i diritti umani a istituire un meccanismo indipendente di indagine e responsabilità incaricato di monitorare, raccogliere e preservare le prove delle violazioni dei diritti umani in Sudan”.
La guerra in Sudan è iniziata il 15 aprile, nella capitale Khartoum, precisamente dai campi delle Forze di supporto rapido, che si trovano vicino alla Città dello sport, a sud di Khartoum. In pochi minuti si è diffuso al quartier generale dell’esercito, al palazzo presidenziale, all’aeroporto internazionale di Khartoum, all’aeroporto della città di Meroe, nel nord del Sudan, e a Omdurman.
La guerra ha finora provocato la morte di oltre 3.000 persone, la maggior parte civili, e più di 2,8 milioni di sfollati e rifugiati all’interno e all’esterno del Sudan, secondo il ministero della Salute e le Nazioni Unite. Circa 300.000 persone hanno scelto di cercare rifugio nei Paesi vicini come Egitto, Ciad, Sud Sudan ed Etiopia, e i negoziati sponsorizzati da Stati Uniti e Arabia Saudita non sono riusciti a raggiungere un accordo di cessate il fuoco.