Dopo la sanguinosa repressione del sit-in di lunedì 3 giugno, sui social network circolano immagini tremende che testimoniano l’orrore dell’azione delle milizie sui manifestanti. In alcuni video, testimoni denunciano la presenza di combattenti ciadiani nei ranghi delle Rapid Support Forces (Rsf).
In uno dei video, un giovane si presenta come ciadiano, anche se dice di vivere in Sudan da tre anni. In tenuta militare, mostra con orgoglio il suo distintivo Rsf.
Un attivista, presente nell’area del sit-durante la strage di lunedì a Khartoum, sostiene di essere stato vittima di questi ciadiani. «Alcuni elementi di queste forze di intervento rapido parlavano il francese tra di loro e anche quando parlavano l’arabo riconoscevamo il loro accento. Secondo noi, i ciadiani costituiscono la maggior parte di questi reparti», ha detto.
La presenza a Khartoum di miliziani ciadiani non sorprende gli analisti. «È vero che ci sono sempre state forze di interazione e valichi di confine tra il triangolo del Nord Darfur, la Libia meridionale e il Ciad orientale, con popolazioni che appartengono agli stessi gruppi etnici – afferma Raphaëlle Chevrillon-Guibert dell’Istituto di ricerca e sviluppo (Ird) –. Quindi non è affatto una sorpresa sentire le testimonianze di questi mercenari ciadiani nella capitale sudanese. Tanto più che provengono da zone poverissime dove le persone, per non molto, sono pronte a diventare mercenari».
Il numero di combattenti ciadiani a Khartoum, tuttavia, rimane impossibile da stimare. Durante la guerra del Darfur negli anni Duemila, l’ex leader janjaweed Hemeti, che attualmente è il numero due nel consiglio militare, ha portato i mercenari ciadiani in Sudan per combattere al servizio del governo di Khartoum.