Sta salendo in queste ore il livello dello scontro nella capitale del Sudan Khartoum con raid aerei e combattimenti in diverse parti della città secondo gli inviati sul posto e i residenti. L’esercito e le forze paramilitari di supporto rapido (Rsf) si stanno fronteggiando anche a nord di Omdurman e a est di Bahri, due città adiacenti separate da Khartoum dal fiume Nilo. Da ieri, l’esercito ha anche colpito alcuni obiettivi nelle tre città cercando di espellere le Rsf che controllano aree residenziali e siti strategici.
Le Rsf hanno inoltre accusato le forze armate sudanesi di aver lanciato attacchi aerei contro il vecchio palazzo presidenziale che si trova a Khartoum, lungo il Nilo Azzurro e vicino agli attuali locali che sono stati inaugurati nel gennaio 2015. I residenti hanno riferito di pesanti bombardamenti nell’area, ma l’esercito ha negato di aver distrutto il palazzo.
Nel frattempo le due parti in guerra hanno tenuto colloqui di pace a Gedda, in Arabia Saudita, grazie alla mediazione degli Stati Uniti, ma dagli incontri sono emersi pochi segnali di progressi. I negoziati mirano a garantire una tregua effettiva e consentire l’accesso agli operatori umanitari e ai rifornimenti dopo che i ripetuti annunci di cessate il fuoco non sono riusciti a fermare i combattimenti, lasciando i civili intrappolati nelle loro case con pochi generi alimentari e un sistema sanitario al collasso.
Il conflitto ha già creato una crisi umanitaria in Sudan sfollando più di 700.000 persone all’interno del paese e spingendo 150.000 a fuggire negli Stati vicini. Dall’inizio dei combattimenti, il 15 aprile, sono stati segnalati scontri anche nella regione del Darfur occidentale.
Il bilancio delle vittime degli scontri in corso in Sudan è salito a 604 persone, compresi i civili, ha detto ieri l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Più di 5.100 persone sono rimaste ferite. Lunedì, il Sindacato dei medici sudanesi, che tiene traccia solo delle vittime civili, ha dichiarato che le vittime hanno raggiunto le 487.