Sudan, disobbedienza civile contro i militari

di Enrico Casale
Sudan dimostrazioni

Gran parte dei lavoratori sudanesi non si sono recati al lavoro ieri, 10 giugno. Hanno incrociato le braccia di far pressione sulla giunta militare al governo affinché ceda il potere ai civili. L’astensione dal lavoro è parte della campagna di disobbedienza civile organizzata dall’opposizione dopo la tragica repressione dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine avvenuta la settimana scorsa.

Oltre ai lavoratori, anche molti commercianti  hanno aderito alla protesta. La maggior parte di negozi, mercati e banche nella capitale, così come in molte altre città, è rimasta chiusa il lunedì. I manifestanti hanno creato posti di blocco nella capitale. Gli utenti dei social media con accesso a una connessione hanno riferito che nel Paese Internet è stato bloccato dai militari.

A guidare la protesta è l’Associazione dei professionisti sudanesi (Spa), l’opposizione pro-democrazia. «Il movimento per la disobbedienza civile, iniziato domenica, finirà solo quando arriverà al potere un governo civile – ha scritto la Spa in una nota -. La disobbedienza è un atto pacifico capace di mettere in ginocchio l’arsenale di armi più potente del mondo».

I militari hanno preso il controllo del Sudan dopo che persistenti proteste hanno portato in aprile alla destituzione del presidente Omar al Bashir (al potere da una trentina d’anni). Il consiglio militare ha promesso una transizione verso il dominio civile. Ma gli attivisti democratici sostengono che il consiglio militare non può essere considerato attendibile dopo la repressione di lunedì contro una manifestazione di sit-in a Khartoum e hanno respinto l’offerta di colloqui.

Anche se la repressione è calata d’intensità, il bilancio degli ultimi giorni è comunque assai grave. Nel fine settimana, secondo alcuni testimoni, almeno quattro persone sarebbero state uccise dai polizioti che hanno sparato gas lacrimogeni e munizioni vere. Tre leader dell’opposizione sono stati deportati dalla città meridionali. Uno dei tre, Yasir Arman, era tornato in Sudan il mese scorso dopo anni di esilio dopo essere stato condannato a morte in contumacia.

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