Le Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), gruppo pro-democrazia sudanese, ha accettato con riserva l’offerta delle Nazioni Unite di mediare la fine dello stallo politico dopo il colpo di stato militare di ottobre. Jaafar Hassan, portavoce del Consiglio centrale delle Ffc, ha dichiarato ieri in un comunicato stampa che il consiglio ha deciso di accettare l’invito della missione delle Nazioni Unite a sostenere il dialogo tra le parti per la crisi sudanese.
Hassan ha affermato che una delegazione si incontrerà con la missione di supporto Onu (Unitams) per fornire la visione della coalizione sull’iniziativa di dialogo tra i vari partiti sudanesi. Un altro gruppo civile chiave, l’Associazione dei professionisti sudanesi, tuttavia, ha rifiutato l’offerta delle Nazioni Unite. I manifestanti hanno organizzato marce regolari contro l’esercito da quando ha rovesciato il governo a guida civile del primo ministro Abdalla Hamdok lo scorso ottobre. Vogliono che i militari siano tenuti fuori dalla coalizione di governo di transizione.
La decisione delle Ffc di prendere parte ai colloqui mediati dalle Nazioni Unite arriva nel mentre si intensificano sforzi regionali e internazionali per risolvere la crisi. L’inviato dell’Unione Africana, Edewe Bankole, è a Khartoum dove ha incontrato i rappresentanti delle Forze della libertà e del cambiamento. Bankole ha affermato che lo scopo dei colloqui era ascoltare i punti di vista di tutti i sudanesi per trovare soluzioni a questa crisi.
David Satterfield, il nuovo inviato degli Stati Uniti nel Corno d’Africa, dovrebbe visitare il Sudan la prossima settimana. Insieme all’assistente del segretario di Stato americano per gli affari africani Molly Phee incontreranno militari e politici, nonché attivisti pro-democrazia. L’incontro mira a “organizzare il sostegno internazionale” alla missione delle Nazioni Unite per “facilitare una rinnovata transizione alla democrazia guidata dai civili” in Sudan, ha affermato il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti in una nota.
Il Sudan sta vivendo una crisi politica da quando i militari hanno preso il potere lo scorso ottobre, rovesciando il governo a guida civile del primo ministro Abdalla Hamdok. Il colpo di stato ha interrotto una fragile transizione verso la democrazia a seguito di una rivolta popolare nel 2019 che ha rimosso il presidente data Omar al-Bashir.
Gli attivisti pro-democrazia hanno continuato a organizzare proteste contro il colpo di stato, represse dalle forze di sicurezza. Almeno 64 persone sono state uccise finora e centinaia di altre sono rimaste ferite, secondo il Comitato centrale dei medici del Sudan.
Hamdok è stato reintegrato il 21 novembre, a seguito di un accordo che prevedeva un governo tecnocratico indipendente sotto la supervisione militare. Ma migliaia di manifestanti sono tornati in piazza per respingere l’accordo. A inizio gennaio Hamdok, a causa dello stallo e del malcontento popolare, di è dimesso.