Sudan, il potere cambia (già) mano

di Enrico Casale
Abdel Fattah Abdelrahman

A meno di di 24 ore dalla sua nomina a capo del Consiglio militare di transizione in Sudan, il generale Ahmed Ibn Auf ha rassegnato le dimissioni ieri sera, 12 aprile. Al suo posto è stato nominato l’ex capo di stato maggiore Abdel Fattah Abdelrahman Burhan. La scelta è ricaduta su questo alto ufficiale che è considerato una personalità più aperta al dialogo rispetto al suo predecessore.

Ma chi è Abdel Fattah Abdelrahman? La sua figura non è nota al grande pubblico. Il suo nome è emerso la prima volta a febbraio, quando Omar al-Bashir lo ha nominato ispettore generale, cioè il numero tre dell’esercito. Non è chiaro quali siano le sue idee politiche o se sia iscritto ad associazioni o a partiti. Quel che è certo è che, a differenza di Ahmed Ibn Auf, non è affiliato al partito di potere sebbene abbia ricoperto importanti incarichi militari.

È stato lui a leggere il documento che annunciava la caduta di Omar al-Bashir. Ma inizialmente la giunta gli aveva preferito Ibn Auf. Probabilmente, però, tra gli alti ufficiali c’erano già alcune divisioni e differenze di vedute. E sarebbero state queste divisioni ad aver portato Ahmed Ibn Auf alle dimissioni a meno di 24 ore dalla nomina. E forse sono sempre queste divisioni ad aver fatto dimettere anche il capo della milizia di sostegno Mohamed Hamdan Daglo, alias Hemetti, che ha lasciato il potere ieri mattina.

L’opposizione ritiene che Abdel Fattah Abdelrahman sia un uomo di dialogo, capace di cambiare il panorama politico e militare. È un uomo rispettato e che ha buoni rapporti con i leader dei partiti politici, oltre a essere molto popolare anche nell’esercito. Ieri il generale ha incontrato i manifestanti.

Nonostante le possibili aperture, i militari hanno però annunciato che non tollereranno violazioni dell’ordine pubblico. Le forze armate, ha affermato un portavoce dell’esercito, non cercano il potere e lasceranno presto le stanze del comando, ma nel frattempo manterranno, in modo anche duro, l’ordine pubblico.

A livello internazionale si registrano intanto le preoccupazioni del vicino Egitto, che da sempre considera il Sudan una sua estensione naturale. Il Cairo sta seguendo con preoccupazione gli ultimi sviluppi della situazione in Sudan. Se Khartoum sprofondasse nel caos, l’Egitto si troverebbe circondato da situazioni di instabilità: Libia a ovest, il Sinai a est, Sudan a sud.

L’altra minaccia è il Nilo, il fiume vitale per l’Egitto che attraversa il Sudan. È proprio per effetto del dossier Nilo che il governo egiziano ha cercato di mantenere buoni rapporti con il presidente Omar al-Bashir, che era comunque stato un alleato dei Fratelli Musulmani, considerati in Egitto un’organizzazione terroristica.

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