Uomini armati sospettati di appartenere alle Forze di supporto rapido sudanesi hanno ucciso il governatore del Darfur occidentale, Khamis Abdullah Abakar, poco dopo che questi aveva rilasciato un’intervista in cui accusava le unità paramilitari delle violenze in atto nel capoluogo El Geneina. In una nota pubblicata su Facebook, l’esercito sudanese ha accusato le forze guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, di aver “sequestrato e assassinato” il governatore, aggiungendo che l’uccisione di Abakar è “un nuovo capitolo dei barbari crimini che ha commesso contro tutto il popolo sudanese”.
Minni Arko Minnawi, governatore della regione del Darfur, ha detto che il governatore è stato rapito e ucciso poche ore dopo aver rilasciato un’intervista all’emittente Al Hadath, in cui aveva sollecitato un intervento internazionale, affermando che “i civili vengono uccisi a caso e in gran numero”.
Un video pubblicato sui social mostra uomini armati in divisa che fanno scendere il governatore dal retro di un veicolo fuoristrada e lo spingono in una stanza. Un secondo video mostra il suo cadavere pieno di sangue e un’apparente ferita da arma da fuoco al petto.
Il Darfur è tra le regioni più colpite dal conflitto in corso in Sudan dal 15 aprile scorso tra l’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, e le forze di Hemetti. Gli scontri hanno causato finora più di 1.800 i morti, secondo l’Armed Conflict Location and Event Data Project (Acled), e hanno costretto alla fuga oltre due milioni di persone, secondo l’Onu.
La denuncia dell’Onu
Il capo della missione Onu in Sudan, Volker Perthes, ha denunciato possibili “crimini contro l’umanità” commessi nel regione del Darfur occidentale nell’ambito del conflitto in corso nel Paese.
“Mentre la situazione in Darfur continua a peggiorare, sono particolarmente allarmato per la situazione ad El Geneina (Darfur occidentale), dove le diverse ondate di violenza in atto dalla fine dello scorso aprile hanno assunto dimensioni etniche – ha detto Perthes in una nota – mentre le Nazioni Unite continuano a raccogliere altre informazioni su quanto viene riportato, sta emergendo un quadro di attacchi su larga scala ai civili in base alle loro origini etniche, presumibilmente commessi da milizie arabe e da alcuni uomini armati che indossano uniformi delle forze paramilitari di supporto rapido. Queste notizie sono molto preoccupanti e, se confermate, potrebbero costituire crimini contro l’umanità”.
Nei giorni scorsi attivisti locali di El Geneina hanno riferito all’emittente locale Radio Dabanga che sono oltre 1.100 le persone rimaste uccise da fine aprile nel capoluogo del Darfur occidentale, mentre più di 1.200 sono rimaste ferite. Nella nota, Perthes ammette le difficoltà per le Nazioni Unite “di verificare in questa fase tutte le presunte violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario,”, sottolineando però che “le informazioni ricevute da molteplici entità della società civile e da reti di difensori dei diritti umani, dipingono un quadro chiaro della portata devastante dell’impatto sulla popolazione civile”.
“Le Nazioni Unite condannano con la massima fermezza tutti gli attacchi contro civili e infrastrutture civili, qualunque sia la forma e chiunque ne siano i responsabili – ha aggiunto l’inviato Onu – è fondamentale che le forze di sicurezza e gli attori armati non statali facciano il loro dovere ai sensi del diritto internazionale umanitario, di rispettare il diritto alla vita e di astenersi da attacchi contro i civili”.
La scorsa settimana, il governo sudanese ha dichiarato Perthes persona non grata, accusandolo di essere di parte nel conflitto, ma il portavoce del segretario generale Onu, Stephane Dujarric, ha affermato che il suo status è rimasto “invariato”. “L’Unitams continuerà ad adoperarsi per monitorare la situazione e a usare le proprie risorse per impegnarsi con tutte le parti per arrivare a una soluzione pacifica del conflitto, in coordinamento con i partner regionali e internazionali”, ha concluso l’inviato Onu.