Sudan: inviato Onu, “il tempo stringe per risolvere la crisi politica”

di claudia
sudan manifestazione

Il tempo stringe per una soluzione alla crisi politica in Sudan. Questo il monito lanciato dal rappresentante speciale dell’Onu, Volker Peretz, nel suo briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, denunciando il rischio che la crisi possa superare i confini nazionali.

“La crisi che il Sudan è chiamato ad affrontare è interamente interna e può essere risolta solo dai sudanesi”, ha sottolineato Perthes, che è anche capo della Missione integrata di assistenza alla transizione delle Nazioni Unite in Sudan (Unitams). Tutti gli inviati del meccanismo trilaterale di facilitazione dei colloqui intra-sudanesi – composto da Nazioni Unite, Unione africana e l’organizzazione regionale, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) – hanno sottolineato che spetta ai sudanesi, in particolare alle autorità, creare un ambiente favorevole al successo di qualsiasi trattativa.

Perthes ha quindi riferito del rilascio di 86 detenuti in tutto il Paese, tra cui funzionari di alto profilo e attivisti dei Comitati di Resistenza, e di un’apparente diminuzione di casi di violenza contro i manifestanti da parte delle forze di sicurezza. Tuttavia, almeno 111 persone rimangono in prigione a Khartoum, Port Sudan e in altre città, e il 21 maggio scorso è morto un altro dimostrante, portando così a 96 il numero dei manifestanti uccisi. “Se le autorità vogliono creare fiducia, è essenziale che i responsabili delle violenze contro i manifestanti siano chiamati a risponderne”, ha sottolineato il rappresentante Onu.

Perthes ha poi riferito del crescente numero di partiti e personalità sudanesi che nelle ultime settimane hanno avanzato proposte per risolvere la crisi politica, e di nuove alleanze costruite da diverse coalizioni politiche. In questo contesto, ha spiegato il rappresentante Onu, il meccanismo trilaterale ha tenuto colloqui iniziali con componenti chiave della società e della politica sudanese per tutto il mese di aprile, tra cui partiti e coalizioni politiche, rappresentanti dei comitati di resistenza, giovani, militari, gruppi armati, leader religiosi sufi, gruppi di donne e accademici, con l’obiettivo di raccogliere le loro opinioni sui contenuti, ma anche sul formato di un processo negoziale guidato e gestito da sudanesi.

E sebbene quasi tutte le parti abbiamo espresso la volontà di impegnarsi in iniziative di facilitazione, alcune parti interessate chiave continuano a rifiutare colloqui faccia a faccia con altre controparti o preferiscono partecipare indirettamente, ha spiegato Perthes. “Favorire intese su questi problemi aiuterà a tracciare la via d’uscita dalla crisi e ad affrontare il vuoto istituzionale dopo il colpo di stato”, ha aggiunto.

Il rappresentante Onu ha poi illustrato le condizioni di sicurezza nel Darfur occidentale, dopo le violenze registrate a Kerenik e a Geneina, che a suo giudizio hanno messo di nuovo in luce le debolezze dello Stato nel garantire la protezione dei civili. “Il rischio di un nuovo scoppio di violenza rimane alto”, ha ammonito, rimarcando la necessità di affrontare le cause del conflitto, ossia le questioni dell’emarginazione sociale, della terra, e del ritorno di sfollati e rifugiati.

Passando alla situazione economica, il rappresentante Onu ha denunciato un rincaro dei generi alimentari ad aprile del 15% rispetto a marzo e del 250% rispetto al 2021, sottolineando come gli effetti combinati di instabilità politica, crisi economica, scarsi raccolti e shock dell’offerta globale stiano avendo un impatto “disastroso” sull’inflazione. Tanto che si stima che il numero di sudanesi a rischio fame acuta possa raddoppiare, passando a 18 milioni entro settembre.

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