Sudan, “guerra terrificante, la pace è ancora lontana”

di claudia

Dieci milioni di sfollati, milioni di morti, stragi che non trovano spazio nei grandi media: nell’indifferenza generale da oltre un anno si consuma la tragedia della guerra in Sudan. L’analisi della situazione e prospettive di due esperti dell’area, Mario Giro e Luca Raineri.

“Tenteremo di invitare Abdalla Hamdok in Italia per incontrare le istituzioni”. Questa la promessa di Mario Giro, già ex viceministro degli Esteri, per conto della Comunità di Sant’Egidio di Roma. Giro, parlando nel corso dell’evento “Sudan, la guerra silenziosa”, che si è svolto nei giorni scorsi nella capitale, ha auspicato il sostegno dell’Italia e della comunità internazionale ai “partiti che non vogliono la guerra in Sudan”, come la coalizione Taqqadum, guidata dall’ex primo ministro Hamdok, per arrivare a una risoluzione del conflitto che dura da ormai più di un anno.

Per Giro, altrimenti, il rischio è che lo scontro interno tra esercito e Forze di supporto rapido (Rsf) diventi una guerra con cui ci si abitua a convivere.  “Il destino delle guerre oggi è che nessuno vince, i conflitti si eternizzano e i Paesi vanno in frantumi come in Libia” ha spiegato l’ex vice ministro, secondo cui l’occidente “non può pensare di vivere avendo intorno Stati che si spezzano con tutte le conseguenze del caso”.

All’interno dello stesso evento è intervenuto Luca Raineri, ricercatore in studi di sicurezza alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Ecco la cruda analisi fatta da Raineri. “La comunità internazionale al momento non riesce a impedire che le parti in guerra in Sudan blocchino gli aiuti e facciano morire di fame la propria popolazione”.

Raineri, che ha moderato il panel, ha poi tirato le file delle testimonianze offerte da Chiara Pallanch, in rappresentanza del Programma alimentare mondiale (Pam) e di Alda Cappelletti, cooperante di Intersos in Sudan. Entrambe hanno raccontato degli ostacoli e dei costi sempre maggiori per le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali che tentano di fornire aiuti nel Paese, ormai allo stremo.

Sul piano politico, Raineri ha invece ricordato che in particolare l’Unione europea potrebbe, involontariamente, aver contribuito al conflitto tramite il finanziamento di politiche anti-migratorie in Sudan. Come hanno mostrato alcuni report in questi anni “alcuni fondi sono finiti nelle mani dei Janjaweed”, ha detto il ricercatore. Quei fondi potrebbero aver rafforzato queste milizie arabe, che adesso si chiamano Forze di supporto rapido (Rsf), e da oltre un anno si contendono il potere con l’esercito, distruggendo il Paese e provocando lo sfollamento di milioni di persone, ha spiegato. Secondo Raineri è un esempio di “politiche migratorie che finiscono per ottenere effetti opposti alla loro intenzione” 

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