Ancora tensione in Sudan. Lunedì 29 luglio, nel centro del Paese, una manifestazione contro l’inflazione e la carenza di generi alimentari è stata repressa nel sangue. Secondo il comitato dei medici, cinque manifestanti, per lo più studenti, sono stati uccisi e altri 62 feriti.
La dura repressione della manifestazione hanno causato un’ondata di rabbia nazionale. Ieri, migliaia di giovani sono scesi nelle strade di Khartoum, Omdurman, Kassala o al-Nahud. Gridavano slogan durissimi contro i militari e i poliziotti: «Quanto vi hanno pagato per fare un bagno di sangue?».
L’associazione dei professori universitari ha chiesto il ritiro dei miliziani delle Fsr da tutte le località del Paese e la chiusura delle scuole. Alcune scuole hanno chiuso per lutto.
Le violenze si verificano proprio mentre civili e militari cercano di portare a termine l’elaborazione della nuova Carta costituzionale che dovrebbe garantire la transizione. Numerosi movimenti di opposizione hanno chiesto la sospensione dei colloqui. Tuttavia, lunedì a tarda notte, il comitato tecnico si è ancora riunito. «Abbiamo fatto buoni progressi, ma le forze interne ed esterne stanno cercando di sabotare il processo. Quindi le parti sono consapevoli dell’urgenza dell’approvazione del testo», afferma una fonte della mediazione africana, aggiungendo che il comitato dovrebbe concludere i suoi lavori tra ieri e oggi.
Nel frattempo, rappresentanti militari e civili si sono recati ad al-Obeid, dove sono morti gli studenti, per capire cosa è successo. Abdel Fatah al-Burhan, il leader dei militari, ha detto che «l’uccisione di manifestanti è deplorevole e inaccettabile». Il generale ha promesso che i responsabili saranno puniti. Facendo capire che il Consiglio militare non ha nulla a che fare con esso.