Centinaia di persone sono scese ieri per le strade della capitale del Sudan, Khartoum per chiedere l’immediata fine del governo militare, in occasione del quarto anniversario dell’inizio della rivolta che ha rovesciato l’ex presidente di lunga data Omar al-Bashir, riportano i media locali.
Le autorità hanno dichiarato ieri giorno festivo e chiuso diversi ponti sul Nilo che collegano la capitale Khartoum con le città gemelle di Bahri e Omdurman: tattiche per negare ai manifestanti l’opportunità di radunarsi in un punto e potenzialmente superare le linee di polizia.
Video che circolano sui social media e testimonianze di reporter presenti raccontano di scontri tra le forze di sicurezza e i manifestanti. Il giornalista e analista esperto di Sudan Mat Nashed ha parlato su Twitter di “gas lacrimogeni sparati” e di polizia intenta a reprimere i manifestanti. “Due giovani ragazzi, che sembravano avere meno di 18 anni, sono stati portati in motocicletta all’ospedale di fronte a me in pochi secondi” ha aggiunto.
Secondo il Comitato centrale dei medici sudanesi almeno 155 manifestanti sono stati feriti ieri in Sudan durante gli scontri di piazza. Due manifestanti avrebbero riportato ferite da proiettili nel Nilo orientale, hanno aggiunto. Il gruppo dei medici pro-democrazia ha riferito che altri manifestanti sono stati feriti da pietre, proiettili di gomma e lacrimogeni e granate stordenti, o venendo speronati da veicoli militari.
Le nuove proteste sono state indette dai Comitati di resistenza, un gruppo democratico di quartiere che si oppone a un accordo preliminare raggiunto il 5 dicembre tra i militari che hanno condotto il golpe nell’ottobre 2021 e la coalizione civile delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc). L’accordo, in teoria, riavvierebbe la transizione democratica del Sudan, portando i generali a lasciare la politica e un governo a guida civile che guida il Paese per 24 mesi fino alle elezioni. Questo accordo è però rifiutato dai Comitati di resistenza perché farebbe troppe concessioni ai militari. “La nostra lotta continua per abbattere i militari e la nostra determinazione a farlo non si attenua”, ha affermato una dichiarazione dei comitati. “Restiamo uniti sui principi di nessuna trattativa, collaborazione o contrattazione con gli assassini”.
L’esercito, guidato dal capo dell’esercito Abdel Fattah Al-Burhan, ha preso il potere nell’ottobre dello scorso anno, ribaltando la transizione che ha seguito la cacciata di Al Bashir nel 2019. La presa del potere ha anche fatto sprofondare il Sudan nei guai economici, scatenando un’ondata di proteste di piazza in cui almeno 122 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza, con altri 6.000 feriti.