Torna a denunciare le violenze diffuse in Sudan a oltre un anno dello scoppio della guerra l’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf), che pubblica il rapporto internazionale “A war on people: Il costo umano del conflitto e della violenza in Sudan”.
“Urgente fermare gli attacchi contro civili e strutture sanitarie”, invoca Msf, che sottolinea che tra omicidi, violenze sessuali e violenze etniche perpetrate sia dalle forze armate sudanesi (Saf) e dai paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (Rsf) contro la popolazione, nemmeno gli operatori umanitari e le strutture sanitarie sono risparmiate dal conflitto. “Chiediamo a tutte le parti in conflitto di facilitare l’aumento degli aiuti umanitari e, soprattutto, di fermare questa insensata guerra contro le persone cessando immediatamente gli attacchi contro la popolazione, le infrastrutture civili e le zone residenziali”, ha dichiarato Vickie Hawkins, direttrice generale di Msf.
In particolare, un’indagine condotta da Msf su 135 donne sopravvissute a violenza sessuale, assistite tra luglio e dicembre 2023 nei campi profughi in Ciad al confine con il Sudan, ha rilevato che il 90% di loro ha subito abusi da parte di una persona armata, il 50% ha subito abusi nelle proprie case e il 40% è stata violentata da più aggressori.
Alcune testimonianze raccolte da Msf e riportate nel rapporto descrivono inoltre episodi di violenza etnica contro la popolazione del Darfur, raccontando che a Nyala, in Darfur meridionale, a metà del 2023 le Rsf e le milizie alleate hanno saccheggiato casa per casa, ucciso e picchiato le persone, prendendo di mira i Masalit e altre persone di etnia non araba.
Le équipe di Msf hanno anche documentato almeno 60 episodi di violenza e attacchi contro il proprio personale, beni e infrastrutture. Tra questi, l’ospedale al-Nao di Omdurman è stato bombardato in tre diverse occasioni, mentre l’ospedale pediatrico Baker Nahar di el-Fasher è stato costretto a chiudere dopo che un’esplosione causata da un attacco aereo ha fatto crollare il tetto della terapia intensiva, uccidendo due bambini.
Inoltre, Msf denuncia che, sebbene le autorità abbiano iniziato a rilasciare più facilmente i visti per il personale umanitario, i tentativi di fornire cure mediche essenziali sono ancora regolarmente ostacolati da limiti burocratici, come il rifiuto di rilasciare permessi di viaggio per consentire il passaggio di persone e forniture essenziali.
Secondo il documento, nel Paese, dove è in atto una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi anni, più di 24 milioni di persone – tra cui più della metà sono bambini – hanno bisogno di assistenza umanitaria, circa 10 milioni sono sfollati interni e oltre due milioni di sudanesi hanno cercato salvezza nei Paesi vicini.
Msf attualmente lavora in circa 30 strutture sanitarie in otto Stati del Sudan, in aree controllate da entrambi le parti in conflitto. Dall’aprile 2023, più di mezzo milione di persone hanno richiesto consultazioni mediche presso gli ospedali e le strutture dove lavorano i team dell’organizzazione.