È prevista per oggi a Nairobi, in Kenya, la firma della Carta politica che potrebbe dar vita ad un governo parallelo per il Sudan, con potere su quelle aree attualmente sotto il controllo delle Rapid support forces (Rsf), le milizie ex-janjaweed in conflitto con il governo militare al potere a Khartoum. Un’iniziativa che fa molto discutere sia in Sudan che nel resto dell’Africa orientale.
Ufficialmente, l’evento (che era previsto martedì 18 febbraio) vedrà la formazione della Founding alliance of Sudan (Tasis), un governo parallelo nelle aree controllate dalle Rsf. Tuttavia, l’evento è stato spostato a oggi, in un mare di polemiche e nel bel mezzo di una vera e propria crisi diplomatica tra Nairobi e Khartoum: le Rsf infatti, un gruppo paramilitare guidato dal generale Hemedti, che è sotto sanzioni americane, impegnato in un conflitto con l’esercito sudanese, stanno discutendo dei piani, con i loro alleati, per una transizione politica che riguardi le aree sotto il loro controllo. La possibilità che questo evento si svolgesse a Nairobi tuttavia ha fatto arrabbiare la leadership sudanese, che sostiene che il Kenya abbia violato la sua sovranità. In risposta a queste accuse, il segretario di gabinetto per gli Affari esteri del Kenya, Musalia Mudavadi, ha difeso la posizione del suo governo, sostenendo che il coinvolgimento di Nairobi è in linea “con il nostro impegno a sostenere la risoluzione politica del Sudan”, ricordando il ruolo del Kenya nell’ospitare i colloqui.
La Founding alliance of Sudan è una coalizione che comprende partiti politici, movimenti armati, leader dell’amministrazione civile ed esponenti delle stesse Rsf: vi fanno parte il leader del Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord (Splm-N), Abdelaziz al Hilu, il leader del Partito dell’umma nazionale, Fadlallah Burma Nasir, i leader del Fronte rivoluzionario sudanese (Frs), il vice comandante delle Rsf Abdelrahim Dagalo, fratello del comandante Mohamed Hamdan Dagalo. Ibrahim al Mirghani, leader del Partito unionista democratico, membro della coalizione, ha dichiarato ai media sudanesi i membri della coalizione hanno concordato di formare un “governo di pace”, che questo sarà annunciato in Sudan ma non è stata specificata alcuna data.
La coalizione comprende anche 17 organizzazioni sindacali e professionali: il Sindacato dei giornalisti sudanesi, il Comitato dei medici del Sudan, gli Avvocati dell’emergenza e il Comitato degli insegnanti, ma anche otto comitati di resistenza, personalità della società civile come Hadia Hassab al Bahi, Saleh Ammar e Bakry Eljack, il poeta Azhari Mohamed Ali, imprenditori ed ex membri di governo ma non l’ex premier Abdalla Hamdok, deposto nel 2021 dai militari, uscito una settimana fa dal Coordinamento delle forze civili democratiche (Taqaduum, da lui stesso fondato) per differenze di vedute proprio sull’appoggio di questo governo parallelo.
Il ministero degli Affari esteri del Sudan, mercoledì mattina, ha criticato l’amministrazione keniana del presidente William Ruto per aver ospitato a Nairobi l’evento.
Non è la prima volta che Nairobi ospita assemblee fondative di movimenti con aspirazioni indipendentiste, autonomiste o rivoluzionarie: nel dicembre 2023, proprio a Nairobi è nata la Congo river alliance, il braccio politico dell’M23, gruppo armato attualmente impegnato nell’offensiva nella parte orientale della Rdc. Martin Mavenjina, della Commissione per i diritti umani del Kenya, ha detto a Rfi che “Nairobi non è diventata solo un rifugio per persone non grate, ma anche la capitale dell’oppressione transnazionale”: polemiche che hanno un terreno molto fertile nella fragile politica keniana. “Oggi diamo il benvenuto ai signori della guerra” ha scritto su X l’ex vicepresidente keniano, Rigathi Gachagua, cacciato da Ruto dopo le proteste dell’anno scorso: “Siamo sulla bocca di tutti per aver scoperto un nuovo modo per mettere in imbarazzo la nazione” ha scritto Gachagua.