Emergency Lawyers, un gruppo di avvocati che monitora le violazioni dei diritti in Sudan, ha accusato l’intelligence militare di aver tracciato un profilo etnico e di aver detenuto illegalmente dei civili per presunti legami con le Rapid Support Forces (Rsf).
In una dichiarazione rilasciata al Sudan Tribune, gli avvocati hanno affermato che “lo Stato di Gedaref è teatro di un’intensa attività da parte della cellula di sicurezza gestita dall’intelligence militare, che sta detenendo civili su base tribale e regionale, oltre agli attivisti che chiedono la fine della guerra”.
Gli stessi hanno sostenuto che l’intelligence militare ha arrestato 120 civili nella località di Al Shoak, nello Stato di Gedaref, lo scorso giugno, con l’accusa di aver sostenuto le Rsf solo perché appartenevano a componenti tribali del Darfur occidentale.
Secondo Emergency Lawyers, nella base dell’esercito a Gedaref si trovano al momento in stato di detenzione 70 persone mentre di altre non si hanno più notizie.
Questa situazione – sottolineano ancora ad Emergency Lawyers – rappresenta una minaccia per la pace sociale a Gedaref, considerato un importante centro per centinaia di migliaia di sfollati provenienti da tutto il Paese; inoltre rischia di esacerbare discorsi di odio e razzismo tra i residenti.
Da oltre un anno (dall’aprile del 2023) il Sudan è teatro di un conflitto aperto tra l’esercito e i paramilitari delle Rsf, che si contendono il controllo del territorio. Il Paese è di fatto diviso in due con diverse linee di fronte.
Secondo un recente documento di Medici senza frontiere che conferma bilanci fatti da altre organizzazioni e dall’Onu, in Sudan è in atto una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi anni: più di 24 milioni di persone – tra cui più della metà sono bambini – hanno bisogno di assistenza umanitaria, circa 10 milioni sono sfollati interni e oltre due milioni di sudanesi hanno cercato salvezza nei Paesi vicini.
Maria Scaffidi