Il leader dell’opposizione sudanese Sadek al-Mahdi ha chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale sulla repressione del sit-in di manifestanti tenutosi a Khartoum il 3 giugno, dopo che i militari di governo hanno rifiutato tale indagine.
Anche l’assistente segretario di Stato americano per l’Africa, Tibor Nagy, ha domandato l’avvio di approfondimenti dopo una visita di due giorni a Khartoum: «Gli Stati Uniti sono convinti della necessità di un’indagine indipendente e credibile per stabilire le responsabilità di questi “eventi mostruosi”».
Il Consiglio militare che guida il Paese dopo le dimissioni del presidente Omar al-Bashir avvenute lo scorso 11 aprile, ha ammesso di aver ordinato la violenta dispersione di un sit-in di migliaia di manifestanti fuori dal quartier generale dell’esercito nella capitale sudanese, ma ha negato la necessità di un’indagine internazionale.
Secondo un comitato di medici, dal 3 giugno sono state uccise circa 120 persone nella repressione. Le autorità hanno invece riportato 61 morti. Il massacro è avvenuto dopo la sospensione dei negoziati tra leader militari e leader della protesta. Il Consiglio militare ha espresso rammarico ammettendo che «si sono verificati errori».
«Dovrebbe essere avviata un’inchiesta internazionale indipendente», ha dichiarato all’Agence France Presse Sadek al-Mahdi dopo aver condotto la preghiera del venerdì in una moschea a Omdurman, una città vicina a Khartoum. «È importante che l’indagine sia imparziale e non mostri pregiudizi a favore delle autorità», ha aggiunto Mahdi, ex capo del governo, che fu rovesciato da Bashir con un colpo di Stato nel 1989.
Il partito al-Oumma di Mahdi fa parte dell’Alliance for Freedom and Change (Alc), una coalizione di importanti gruppi di protesta che chiedono il trasferimento del potere ai civili. I capi militari hanno rifiutato una simile indagine. «Non accettiamo l’idea di una commissione d’inchiesta internazionale. Siamo uno Stato sovrano», ha detto ai giornalisti il generale Chamseddine Kabbachi, portavoce del Consiglio militare.
Pur pentendosi degli incidenti del 3 giugno, Kabbachi ha assicurato che il piano era solo quello di liberare un’area vicino al sit-in aggiungendo che l’esercito sta conducendo una propria indagine, i cui risultati saranno pubblicati a breve.
I fedeli presenti nella moschea visitata da Mahdi venerdi scorso hanno invece espresso la loro frustrazione nei confronti dei generali: «Il modo in cui il sit-in è stato disperso è stato brutale e inaccettabile», hanno affermato in tanti.