Nelle prime ore di oggi i media sudanesi hanno dato notizia di un tentativo di colpo di stato nel Paese, sventato. Secondo quel che ha dichiarato il primo ministro sudanese, Abdalla Hamdok, che si è rivolto alla nazione tramite la televisione di Stato, a organizzare il tentato golpe sono stati elementi dell’apparato militare insieme a civili. Hamdok, che guida un esecutivo di transizione, ha confermato l’arresto di un numero ancora imprecisato di persone collegate al colpo di Stato. Il primo ministro ha affermato che il tentativo di golpe è stato preceduto da altri tentativi di creare insicurezza, specialmente nelle regioni orientali del Paese.
Poche ore prima, il ministro dell’Informazione e portavoce del governo, Hamza Balol, aveva detto che “gli organizzatori civili e militari del tentativo di colpo di Stato sono stati arrestati e ora vengono interrogati”. Secondo il governo, il tentativo di colpo di Stato sarebbe riconducibile a frange islamiste fedeli all’ex presidente al-Bashir che avrebbero tentato di invertire il processo democratico partito all’indomani della sua deposizione, nel 2019, in seguito a quattro mesi di proteste. Nelle prime ore di oggi, il membro e portavoce del Consiglio Sovrano, Mohamed al-Faki, ha lanciato un breve appello sui social media ai sudanesi affinché scendessero in strada per “proteggere la transizione democratica” dal colpo di Stato in atto.
Successivamente, in un secondo post, ha rassicurato tutti dicendo che la situazione era tornata sotto controllo. Il colpo di Stato, secondo quanto riferiscono i media locali e internazionali, citando fonti governative e dell’intelligence, mirava a controllare il comando generale dell’esercito sudanese, gli edifici della radio, della televisione e i ponti che collegavano le diverse parti della capitale Khartoum.
Al-Bashir, considerato già come il mandante del tentativo di golpe, è attualmente in carcere a Khartoum, dove deve affrontare diversi processi e su di lui pende anche un mandato d’arresto della Corte penale internazionale (Icc) per presunti crimini commessi in Darfur. Le autorità sudanesi ad agosto hanno accordato di consegnarlo alla giustizia internazionale, senza ancora farlo. L’ex presidente, che ha governato il Sudan per tre decenni, gode però ancora di un certo sostegno soprattutto nei ranghi dell’esercito. La componente militare nel governo di transizione “non ha epurato l’esercito dagli ufficiali islamisti” scrive Sudan Tribune “sperando che lo spirito di corpo prevalesse e sostenesse il cambiamento democratico”.Il ministro per gli Affari religiosi Nasr Eldeen Mofarih si è scagliato contro i fedeli di al-Bashir su Twitter. “Ora è il momento di spazzare via i resti degli islamisti dalle nostre istituzioni politiche e militari”, ha scritto, mentre le indagini per chiarire tutti i dettagli sono ancora in corso.
Quella di oggi non è stata la prima minaccia alla già precaria transizione democratica sudanese, come ha fatto capire il primo ministro. La transizione era stata già minacciata da precedenti tentativi di colpo di stato legati a fazioni fedeli a al-Bashir. L’anno scorso lo stesso Hamdok è sopravvissuto a un tentativo di omicidio a Khartoum. Nonostante un accordo di pace firmato nel 2020 con alcuni ribelli sudanesi, negli ultimi mesi si sono registrati crescenti disordini nella regione occidentale del Darfur e scontri locali nel Sudan orientale che minano la stabilità politica.
Il Sudan ha intrapreso un fragile percorso verso un governo democratico da quando i militari hanno spodestato, dopo tre decenni al potere, il presidente Omar al-Bashir nell’aprile 2019, dopo quattro mesi di proteste popolari. Un accordo di condivisione del potere ha poi istituito un governo che coinvolge militari, rappresentanti civili e gruppi di protesta.