Il generale sudanese Abdel Fattah al-Burhan ha ordinato la fine dello stato d’emergenza che era stato imposto all’indomani del golpe dello scorso 25 ottobre. La notizia è stata riferita dal Consiglio sovrano, l’organo di cui è presidente Burhan. In una nota si legge che il decreto con cui si mette fine allo stato d’emergenza deve essere letto come la volontà “di creare l’atmosfera necessaria a un dialogo fruttuoso e significativo per la stabilità durante il periodo di transizione”.
La notizia della fine dello stato d’emergenza giunge all’indomani dell’uccisione di due persone nella repressione contro i manifestanti scesi nelle strade della capitale Khartoum sabato contro il colpo di stato militare di ottobre. L’inviato delle Nazioni Unite per il Sudan, Volker Perthes, ha condannato il fatto: “Sono sconvolto dalla morte violenta di due giovani manifestanti ieri a Khartoum, ancora una volta: è ora che la violenza si fermi”, ha dichiarato su Twitter Perthes.
Le vittime sono morte durante le proteste nel quartiere Kalakla di Khartoum. Una è stata uccisa a colpi di arma da fuoco dalle forze di sicurezza e l’altra soffocata dopo aver inalato gas lacrimogeni, secondo il Comitato dei medici del Sudan. Perthes ha esortato le autorità militari a revocare lo stato di emergenza imposto dal colpo di stato del 25 ottobre e a trovare “una via d’uscita pacifica all’attuale crisi”.
Almeno 98 persone sono state uccise e oltre 4.300 ferite nella repressione governativa delle proteste pro-democrazia che continuano da ottobre, secondo il gruppo di medici. I manifestanti chiedono che i militari, guidati dal generale Abdul Fattah al-Burhan, lascino il potere. I generali, tuttavia, hanno detto che cederanno il potere solo a un’amministrazione eletta. L’Onu, l’Unione africana e il gruppo regionale di otto nazioni dell’Africa orientale chiamato Autorità intergovernativa per lo sviluppo stanno cercando di mediare e trovare una via d’uscita dall’impasse in corso.