Sulla rotta del crack: adesso la coca si fuma anche a Capo Verde

di claudia
cocaina

di Gianfranco Belgrano – foto di Simon Townsley / Panos Pictures

Le isole di Capo Verde si trovano lungo le rotte della cocaina che dall’America Latina raggiungono l’Europa. Ma una parte della droga si ferma nell’arcipelago e alimenta il crescente mercato locale. Uno spaccio di cui restano vittima tanti giovani

Le isole di Capo Verde si trovano su quella che è nota come “Autostrada 10”, termine coniato dall’agenzia federale antidroga statunitense Dea (Drug Enforcement Administration) per indicare la rotta del contrabbando di stupefacenti a 10 gradi nord che fornisce la distanza più breve dall’America Latina all’Europa. L’arcipelago africano rappresenta una comoda testa di ponte in mezzo all’oceano, una tappa intermedia, insomma, di un percorso controllato da un notorio gruppo criminale brasiliano che si chiama Primeiro Comando da Capital (Pcc).

Creato a São Paulo nel 1993, il Pcc controlla direttamente un pezzo della filiera della droga, rifornisce vari gruppi criminali (tra cui la ‘ndrangheta) e a Capo Verde come nella vicina Guinea-Bissau ha trovato una sponda resa comoda dalla vicinanza geografica e dall’affinità linguistica. «La distanza dalla punta più orientale del Brasile ai porti di Capo Verde o alla Guinea-Bissau è di circa tremila chilometri, e si tratta di Paesi di lingua portoghese, come il Paese sudamericano», sottolinea Angela Me, direttrice della ricerca all’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc). «Vicinanza geografica e affinità culturale e linguistica», continua Angela Me dal suo ufficio di Vienna, «hanno rappresentato una facilitazione per le reti criminali e per i loro traffici. che oggi sono molto business oriented, gestiti come una filiera commerciale ben organizzata».

A Capo Verde, in Guinea-Bissau e in altri Paesi della regione, c’è poi la presenza di gruppi affiliati alla mafia nigeriana, che gestiscono le rotte verso l’Europa, dove si arriva via mare attraverso mercantili, oppure via terra. In questo secondo caso, i gruppi armati jihadisti che operano nel Sahel si sono limitati finora a “tassare” i carichi diretti a nord.

Traffici in crescita

A parte la pausa obbligata imposta dalla pandemia, che ha rallentato i collegamenti, negli ultimi due anni i traffici sono ripresi e anzi aumentati. Se è difficile sapere quali siano i quantitativi effettivi di droga che dal Brasile arrivano in Europa passando dall’Africa, molto chiaro è il dato sui sequestri effettuati. Secondo il Global Report on Cocaine 2023, un rapporto stilato ogni anno dall’Unodc, nel periodo 2019-21 i sequestri di droga in Africa sono aumentati di quasi il 400% rispetto al periodo 2016-18. Se si considera che nel 2020 il mondo è stato praticamente bloccato dalla pandemia, si ha un’idea del ritmo di crescita dei traffici.

Uno dei sequestri record è avvenuto a Capo Verde, dove nel 2019 la polizia ha intercettato un carico di quasi 10 tonnellate di cocaina nascosto a bordo di una nave attraccata nella capitale Praia e che di lì a poco sarebbe salpata per il Marocco. Quello è stato il sequestro singolo più pesante mai effettuato in questo arcipelago di circa mezzo milione di abitanti. Nel 2021, ultimo dato disponibile, in tutta l’Africa sono state sequestrate 18 tonnellate di cocaina.

Fenomeno nuovo

Altro fattore preoccupante, sottolinea Angela Me, è anche l’affermazione di un fenomeno relativamente nuovo, quello del consumo di droga nei Paesi che fungono da aree di passaggio verso altre destinazioni, Capo Verde compreso. «Di dati precisi e comparabili come quelli disponibili per l’Europa ne esistono pochissimi», prosegue la direttrice della Ricerca dell’Unodc. «Abbiamo cominciato a notare, però, che in Africa occidentale e anche a Capo Verde c’è un aumento delle persone che vanno in trattamento per uso di cocaina e questo è un chiaro indicatore del consolidamento di un mercato locale». Le popolazioni giovanili sono le più vulnerabili all’uso di droghe e anche le più gravemente colpite da disturbi da uso di sostanze. In Africa, il 70% delle persone in trattamento ha meno di 35 anni.

Di fronte a questo fenomeno i governi non sembrano pronti, mancano politiche di contrasto e prevenzione, e ci sono sacche di povertà che diventano terreno fertile per la criminalità e al tempo stesso potenziali mercati per vari tipi di stupefacenti, come il tramadolo non di uso medico e altri oppiacei. «È vero che Capo Verde sta vivendo un certo sviluppo reso possibile dal turismo e dalle rimesse, in particolare da chi è emigrato negli Stati Uniti – raccontano operatori che ben conoscono le vicissitudini sociali dell’arcipelago –, ma c’è anche un fenomeno di criminalità crescente legato alle sostanze stupefacenti: la droga c’è e comincia a vedersi sempre di più». Tanti giovani si smarriscono, entrano in tunnel da cui non ce la fanno più a uscire. Per fortuna ci sono anche storie a lieto fine. Come quella di Júnior Edmondo, 24 anni, ex cocainomane, che è riuscito a sconfiggere la tossicodipendenza in un centro di recupero di Praia gestito dal settantunenne Honório da Costa Fragata. «Non mi resta molto da vivere», dice l’anziano educatore (foto a pagina seguente); «alla mia età posso aspirare solo a salvare la vita di qualche giovane».

Questo articolo è uscito sul numero 6/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui.

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