Il primo ministro sudanese, Abdallah Hamdok, ha proposto di dare vita a una piattaforma nazionale per dare attuazione all’agenda della transizione democratica del Sudan, in particolare alla riforma delle istituzioni militari, dando così una risposta alla profonda crisi politica in cui versa il Paese, a causa delle divergenze tra i partiti politici, tra le istituzioni militari, e tra potere politico e potere militare.
“L’ultimo periodo ha fatto registrare un’escalation di divergenze tra i partner della transizione, che rappresenta un serio pericolo non solo per la transizione, ma per l’esistenza stessa del Sudan”, ha detto il premier in un discorso alla stampa.
Hamdok ha ricordato i risultati ottenuti finora dalle autorità di transizione, quali la fine dell’isolamento internazionale, la rimozione del Sudan dalla lista dei paesi sponsor del terrorismo, le riforme politiche ed economiche. Tuttavia, ha aggiunto, ci sono ancora sfide che ostacolano il processo di transizione, le più importanti delle quali sono il rilancio economico del Paese e la creazione di un esercito nazionale e professionale unificato con una nuova dottrina militare.
Come sottolinea il Sudan Tribune, l’appello a riformare il settore della sicurezza militare arriva dopo il rifiuto del vicepresidente del Consiglio Sovrano, Mohamed Hamdan Daglo, noto come Hemetti, di integrare nell’esercito le Forze di supporto rapido, protagoniste sotto il governo dell’ex presidente Omar al Bashir di violenze e crimini di guerra nella regione del Darfur. Furono sempre le Forze di supporto rapido a reprimere nel sangue un sit-in di manifestanti pro-democrazia davanti alla sede dell’esercito nel giugno 2019, dopo la caduta di Al Bashir.
Per il premier la riforma della sicurezza “è un passo fondamentale di tutto il processo di transizione, senza il quale non possono essere risolti i problemi dell’economia, della giustizia di transizione e della costruzione di uno stato civile”.
“Le forze armate sudanesi devono essere l’unico esercito nazionale, e queste richiede riforme strutturali, una nuova dottrina militare, una rappresentanza della diversità sudanese a tutti i livelli e l’attuazione dell’intesa per la sicurezza contenuta nell’accordo di Juba per la pace del Sudan”, ha dichiarato, sottolineando la necessità di coinvolgere il governo nelle discussioni sull’integrazione delle Forze di supporto rapido, ad oggi tenute da Hemetti solo con il presidente del Consiglio e capo delle forze armate, Abdel Fattah al-Burhan.
Riguardo all’intelligence, Hamdok ha detto che dovrebbe essere il governo a gestire il General Intelligence Service (GIS), che ha sostituito il Niss, ma dove continuano a operare persone e strutture nominate dal precedente esecutivo. Per il capo del governo occorre anche limitare al solito ambito militare le attività economiche dell’esercito.
Hamdok ha fatto sapere di aver già illustrato le proprie proposte alle forze militari, politiche e civili del Paese: “Ci aspettiamo che queste consultazioni portino a un meccanismo capace di arrivare a un accordo tra i sudanesi. Voglio chiamarlo meccanismo di protezione della transizione”.