Un Paese che non c’è. Il Somaliland è un unicum nel panorama internazionale. Nessuna nazione lo riconosce ufficialmente eppure dal 1991 ha una propria Costituzione, proprie istituzioni e un proprio esercito. Non solo, ma è un’isola di democrazia, in una regione, il Corno d’Africa, nella quale domina l’instabilità. Il 13 novembre si sono tenute le quarte elezioni presidenziali dalla nascita del Paese. Dalle urne è uscito vincente Abdirahman Mohamed Abdullahi, leader di Waddani, principale partito di opposizione. Il voto, secondo la Missione Internazionale di Osservazione Elettorale dell’University College di Londra si è svolto in “un ambiente prevalentemente calmo e pacifico”. Ex diplomatico, parlamentare, fondatore del partito Waddani, Irro, come è soprannominato il nuovo capo dello Stato, ha di fronte almeno tre sfide impegnative.
La prima è ottenere il riconoscimento della comunità internazionale. “Alcuni esponenti politici britannici – spiega Corrado Cok, analista dell’European Council on Foreign Relations – hanno messo sul piatto la proposta di riconoscimento del Somaliland, ma il governo di Londra non ha mai cambiato posizione in merito. L’Unione Europea non ha invece mai accolto alcuna richiesta in questo senso e non credo che a breve possa percorrere questa via diplomatica anche perché all’interno ha Paesi fortemente contrari come l’Italia e metterebbe a repentaglio le missioni europee in Somalia. Negli Stati Uniti, John Peter Pham, inviato speciale degli Stati Uniti per la regione del Sahel, nella prima amministrazione Trump, si è espresso a favore di un’apertura verso l’autodeterminazione. Recentemente anche il presidente in pectore della Commissione Affari esteri del Senato ha chiesto un atteggiamento pragmatico nei confronti del Somaliland. Nei prossimi mesi vedremo quale sarà l’atteggiamento di Trump. Il riconoscimento sarebbe però troppo destabilizzante per il Corno d’Africa e avvicinerebbe Mogadiscio alla Cina”.
La seconda sfida sono i rapporti con Somalia ed Etiopia. Il 1° gennaio Hargeisa e Addis Abeba hanno firmato un’intesa che concede a quest’ultima un terreno sulla costa dove dovrebbe sorgere una base commerciale e militare dell’Etiopia. In cambio Hargeisa potrebbe essere riconosciuta dall’Etiopia. Questa intesa ha destato l’indignazione della Somalia che ha considerato l’accordo come una violazione della propria integrità territoriale. “Il nuovo presidente – continua Cok – si è sempre dimostrato scettico nei confronti dell’accordo. Penso che sia difficile che il trattato sia cancellato, ma probabilmente sarà rinegoziato. Come? Difficile dirlo”.
Irro infine dovrà risolvere le tensioni che hanno interessato l’Est del Somaliland e, in particolare la città di Las Anod. “Il sottoclan che vive a Las Anod è più legato al Puntland che al Somaliland – conclude -. Gli scontri recenti hanno visto prevalere le forze locali sull’esercito del Somaliland. Dubito che Las Anaod voglia tornare sotto la sovranità di Hargeisa. Più probabile che voglia unirsi al Puntland. Irro ha annunciato che vorrà trattare. Vedremo”.