È stato di emergenza in Etiopia. A deciderlo il parlamento di Addis Abeba in concomitanza con l’offensiva scatenata dalle forze armate nella regione settentrionale del Tigray. Un’operazione militare che è un tentativo, da parte del premier Abiy Ahmed, di affermare il controllo federale su una regione che per mesi ha sfidato il governo di Addis Abeba dichiarandolo addirittura «illegale».
Secondo la Costituzione etiope, lo stato di emergenza, approvato all’unanimità dalla camera bassa del parlamento, assegna al governo «tutto il potere necessario per proteggere la pace e la sovranità del Paese». Il provvedimento, che durerà sei mesi, permette ai ministri e al premier di sospendere «diritti politici e democratici».
Nel Tigray questo potrebbe portare all’istituzione del coprifuoco, a perquisizioni senza mandato, a restrizioni nei trasporti e nelle comunicazioni e alla detenzione di «qualsiasi persona che si sospetti stia prendendo parte ad attività illegali che minacciano l’ordine costituzionale». Lo stato di emergenza potrebbe anche essere esteso oltre il Tigray.
Mercoledì sera, parlando alla televisione di Stato, il premier Abiy ha detto che sul terreno si svolgeranno operazioni a vasto raggio che hanno come obiettivo «la liberazione della regione dal Tplf [il partito che governa il Tigray]». Abiy ha detto che l’attacco iniziale ha prodotto «molti martiri», ma i funzionari non hanno fornito molte informazioni sulle successive operazioni militari. Finora i combattimenti sembrano essere stati in gran parte concentrati nel Tigray occidentale, hanno detto diplomatici e operatori umanitari.