di Maria Scaffidi
I golpe in Sahel sono l’espressione di uno “spostamento” storico e demografico. Questa in estrema sintesi l’opinione del noto studioso camerunese Achille Mbembe, in un’intervista a Rfi. Secondo il ricercatore e professore di storia e scienze politiche all’Università del Witwatersrand di Johannesburg, il continente africano è entrato in un nuovo ciclo storico.
“Credo che questi colpi di Stato – ha detto Mbembe – siano l’espressione di un grande cambiamento. Il ciclo storico, che si era aperto dopo la seconda guerra mondiale, che aveva portato a una decolonizzazione incompleta, questo ciclo storico è finito. L’Africa sta entrando in un altro periodo della sua storia, un periodo che sarà lungo e che porterà enormi sconvolgimenti. Cosa ne verrà fuori? È molto difficile al momento saperlo”.
Entrando nel merito dei golpe che stanno interessando il Sahel, Mbembe non si trova d’accordo con chi parla di nuovo panafricanismo, e preferisce usare il termine di neo-sovranismo. “Il neo-sovranismo è una visione impoverita di ciò che era il panafricanismo storico, che era sia un pensiero di libertà e democrazia sia un pensiero di giustizia universale e solidarietà internazionale. Ora, il neo-sovranismo oggi è caratterizzato, in particolare, non da un desiderio di storia – vale a dire, di dominio di sé e di responsabilità davanti a se stessi e al mondo – è caratterizzato piuttosto da un desiderio di sostituire un padrone con un altro. E in questo senso è più una fantasia che un’ideologia favorevole alla liberazione del continente”.
La riflessione, nell’intervista a Rfi, si sposta poi sul piano sociale. In Africa oltre il 60% della popolazione ha meno di 25 anni, e c’è chi sostiene l’esistenza di una vera e propria rottura tra le generazioni. Uno di questi è il noto studioso camerunese Achille Mbembe. Questa rottura. Questa rottura, secondo Mbembe, è anzi un motivo fondamentale dietro le crisi che stanno sconvolgendo il Sahel. Assieme ad essa, vi sono anche “l’intreccio di conflitti di classe perché le diseguaglianze continuano ad allargarsi, di genere perché in Africa è in atto una invisibile rivoluzione delle donne, e di generazione”. Infine, c’è poi da tener presente il cambiamento demografico del continente che preoccupa la Francia ma anche il resto dell’Europa. Questa crescita demografica, sostiene lo studioso, è “all’origine delle politiche anti-migratorie che mirano a trasformare il continente in una doppia prigione”.
Alla domanda sulla Francia e sulle sue eventuali responsabilità, Mbembe risponde sostenendo che ormai Parigi “non decide tutto”, nemmeno nelle sue ex colonie. Tuttavia, Parigi, ha fatto delle scelte che si sono rivelate disastrose: “Per via, direi, del posto sproporzionato occupato dal complesso securitario-militare francese, che ha una visione ‘ansiosa’ dell’Africa in cui l’Africa è percepita come un continente a rischio, che presenta pericoli sia per sé che per i suoi vicini europei. Questo tropismo marziale ha di fatto portato a scelte politiche disastrose che, in ogni caso, hanno solo giovato alle forze del caos e della predazione. Quindi, molto più dello vessillo rosso, russo o cinese, queste scelte sono responsabili della sconfitta morale, intellettuale e politica della Francia di oggi in Africa”.