La casa, con la minaccia Coronavirus, sembra essere il luogo più sicuro, un nido all’interno del quale trovare protezione e garanzie. In alcuni Paesi e in alcune situazioni, però, non è così. Vi sono per esempio zone, in Africa, dove, proprio nelle ultime settimane, le piogge torrenziali hanno inondato strade e abitazioni che si sono rivelate così in tutta la loro debolezza e precarietà.
72 morti, 4 dispersi, quasi 1000 case distrutte, più di 200 ettari di colture spazzate a causa delle inondazioni: questo è il tragico bilancio registrato solo nelle regioni nord-occidentali del Rwanda dal Dipartimento di Gestione delle Emergenze. I problemi legati alla stagione delle piogge sono frequenti nel Paese dell’Africa orientale ma un disastro di tale portata erano anni che non si registrava.
Il distretto più colpito quest’anno è stato quello di Gakenke: proprio qui, infatti, sono morti anche otto membri della stessa famiglia a causa di una frana che ha sommerso la loro casa. Secondo Deogratias Nzamwita, sindaco di questo distretto, più di 500 famiglie stanno attualmente facendo i conti con i gravi problemi legati alle fitte e incessanti piogge.
I feriti e le persone che hanno perso la casa o che non vi possono accedere a causa dei danni arrecati dal maltempo hanno cercato rifugio delle dimore di parenti e amici e molti sono attualmente accolti e curati in alcune scuole dove ricevono assistenza dalla Croce Rossa Ruandese. Si prevede che saranno ricollocati entro due mesi in siti abitativi individuati dal distretto, ha chiarito il sindaco.
Nel frattempo, sempre in Africa orientale, cresce la preoccupazione per il Kenya dove le dighe a monte del fiume Tana, stanno registrando livelli record di acqua, facendo aumentare il pericolo per la città di Hola e in generale per le contee di Tana River e Garissa.
Nel Paese le alluvioni hanno comunque già lasciato una scia di morte: a fine aprile si sono registrati almeno cento decessi e oltre 1.800 famiglie sono state evacuate nelle regioni del Kenya occidentale dove, nella Contea di Bomet, si è anche aperta una dolina: una bomba d’acqua ha così invaso numerosi villaggi.
Particolarmente colpita anche la città di Kisumu, situata sulle sponde del lago Vittoria, dove numerose case e attività commerciali sono stati devastate dalla fuoriuscita dell’acqua. Le acque del Lago Vittoria sono infatti salite a 13,43 metri: un record assoluto. Solo nel maggio 1964 si era registrato un livello così elevato. Sul bacino si affacciano tre Paesi: Uganda, Kenya e Tanzania e tutti questi Paesi hanno fatto i conti con i danni causati dalle esondazioni.
Ma non è finita: anche in Repubblica Democratica del Congo le piogge torrenziali hanno sommerso le cittadine di Uvira, Kalemie-Kirungu, Manono, Kongolo, Kamina e Goma causando decine di morti. La posizione di Ulvira ha decisamente giocato a sfavore per i suoi abitanti: si tratta infatti di una cittadina che sorge nella regione del Sud Kivu sul Lago Tanganika ed è attraversata da tre grandi fiumi.
Un comunicato della Direzione generale dei Saveriani, missionari presenti da più di 50 anni in loco, parla di «perdite di decine di vite umane di cui non si sa ancora il numero esatto perché molte persone mancano tuttora all’appello, alcune ancora seppellite dal fango e altre trascinate dall’acqua nel lago Tanganika; strade interrotte e ponti caduti; più di 3.500 case distrutte». Secondo i dati ufficiali, 77.790 persone, appartenenti a circa 5.500 famiglie, sono rimaste coinvolte nell’alluvione.
Tutto questo in un momento in cui la popolazione è invitata a stare a casa per prevenire il dilagare dell’epidemia da Coronavirus. Inoltre, viste le precarie condizioni di igiene in cui vivono numerose persone in determinati quartieri, aumenta anche il rischio di colera e infezioni di altro tipo.
E sembra, purtroppo, che non sia ancora finita: i meteorologi prevedono che le precipitazioni, più forti del solito, continueranno per tutto il mese di maggio. La stagione delle piogge dura infatti normalmente fino a giugno.