di Stefano Pancera
Un anno fa il colpo di stato militare che ha deposto il presidente Ali Bongo, ultimo rampollo di una casta che ha controllato per decenni il Gabon. Oggi a Libreville si respira un’aria nuova ma restano le contraddizioni di un Paese ricco di petrolio e di risorse naturali popolato da giovani che faticano a sfamarsi. Il futuro è tutto da scrivere…
Libreville 30 agosto 2023 ore 5.10: “noi forze di difesa e di sicurezza in nome del popolo gabonese, garanti della protezione delle istituzioni e della pace…” .
Libreville. Oggi in Place de l’Indépendance è “La Gionata Nazionale della Liberazione” . Una data d’ora in poi iscritta nella storia gabonese. Inevitabile la parata ufficiale con i rituali colpi di cannone prevista nel pomeriggio ma in strada già da stamattina anche canti e colori di gente qualunque, in un intreccio di braccia e sudore su cui sventola solo il tricolore nazionale.
“I militari ci hanno liberato dai Bongo ed ora contiamo su di loro per un governo civile che si occupi veramente di noi gabonesi”…in boulevard de l’Indépendance è il più estroverso del piccolo gruppo di ragazzi (quelli che noi chiamiamo la Gen Z) a parlare per primo. Avranno poco più di vent’anni , sorridono, provano a dirmi qualcosa in un italiano strano, mi mettono in mano una Regab ghiacciata (la birra locale) e poi intonano una canzone in fang.
In città ci sono molti cantieri aperti per il rifacimento delle strade e di alcuni mega progetti sulle corniches, ma si fa festa un po’ ovunque per quello che qui chiamano il “colpo della liberazione ” ovvero il putsch-tranquillo del nuovo uomo forte di Libreville, il generale Brice Oligui Nguema che ha messo fine al “regno” cinquantenario della famiglia Bongo sul Gabon.
Una specie di monarchia che ha tenuto in scacco il paese fin dai primi anni sessanta, sinonimo frodi elettorali, nepotismo, interessi privati e asservimento totale ai “partner” stranieri. Qui il problema non è mai stata la Françafrique ma piuttosto la “BongoPolitique”. Francia che anche dopo il putsch mantiene buoni rapporti con il governo di transizione, con cui cerca di rimanere partner strategico.
Un Gabon ricchissimo di risorse-ci sono petrolio, gas, oro, manganese, ferro, rame, zinco, terre rare, diamanti – che si è trasformato oggi in un ecosistema, in un piccolo laboratorio di geopolitica. Con solo 2 milioni di abitanti (meno di Roma) e un Pil pro capite tra i più alti del continente è uno dei Paesi più giovani del mondo, con due terzi della sua popolazione al di sotto dei 23 anni.
Giovani che però fino ad oggi si sono scontrati con l’impossibilità non solo di guadagnarsi da vivere decentemente ma anche di contribuire alla crescita del proprio paese.
Brice Oligui Nguema (foto di apertura), quarantotto anni, riservatissimo ex capo della Guardia Repubblicana e cugino di Ali Bongo (non certo un simbolo dell’opposizione) é il generale al comando del “Comitato per la transizione e il ripristino delle istituzioni” (CTRI). Oggi si trova di fronte a una sfida delicata: realizzare il cambiamento che la popolazione si aspetta attraverso quello che da noi potremmo chiamare l’esperimento di un “dispotismo illuminato”.
Stasera gabontv24 dedicherà un lungo speciale alla notte del “colpo della liberazione” : anche i giovani gabonesi come molti africani se da una parte aspirano a forme di governo attraverso elezioni trasparenti, dall’altro legittimano e sostengono l’intervento dell’esercito; purché sia per cacciare gli oligarchi che abusano del potere. In questo laboratorio che è e sarà Libreville, gli obbiettivi del “Dialogo Nazionale Inclusivo” sono chiari.
La realizzazione della transizione è sulla buona strada: porterà all’adozione di una nuova Costituzione che entro novembre sarà sottoposta a referendum popolare e poi alle elezioni presidenziali programmate per agosto 2025. Non è poco.
Al di là dello sfarzo delle celebrazioni di oggi, questa è l’occasione per il Paese di riflettere sul suo passato e di proiettarsi verso il futuro. Il successo di questa transizione dipenderà dalla capacità del nuovo potere di trasformare le promesse in azioni concrete, di instaurare una nuova cultura democratica .
L’attuale presidente ad interim potrà candidarsi alle prossime presidenziali ma tra i cambiamenti proposti non dovrebbero esserci più presidenze a vita, né pressioni sul potere legislativo o giudiziario. Queste sono proposte che dovranno essere ratificate nei prossimi mesi; ma diciamolo subito, sarà complicato tradurre in articoli costituzionali alcune di queste raccomandazioni.
Non a caso il dibattito nel Paese sul prossimo referendum relativo alla nuova costituzione è molto acceso. I prossimi passi saranno cruciali. Anche se in Gabon questo cambiamento non è avvenuto in seguito ad una vivace protesta di piazza ma grazie ad una complessa manovra interna, anche se è legittimo il dubbio che il “colpo della liberazione” possa dare risultati positivi; è probabile che i gabonesi d’ora in poi inizino a sperare in futuro diverso. In un Gabon che finalmente non sia solo quello di una famiglia regnante.
Vista dal baretto di Boulevard de l’indépendance oggi la paura del futuro non c’è, perché “prima” la speranza di un futuro, non c’era.